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“Stone Butch Blues” di Leslie Feinberg, ossia, il macigno di pietra delle persone trans*

di Andrea Piumino

Di recente è stato ripubblicato da Asterisco Edizioni Stone Butch Blues, testo del 1993 di Leslie Feinberg, a metà strada tra memoir e autofiction, romanzo importante per la comunità lesbica ma non solo. Feinberg lo considerava a tal punto importante che, dopo numerose battaglie legali con il suo primo editore, nel 2012, in occasione del ventesimo anniversario della pubblicazione di Stone Butch Blues, affaticat* dalla malattia, riuscì a recuperarne la proprietà dei diritti, e decise  di renderlo gratuito e disponibile online per i «movimenti rivoluzionari e anticapitalisti per la giustizia sociale ed economica che mi hanno dato tanto nella vita». Questo, nonostante la forte disillusione che presenta, è il libro che una persona come l*i avrebbe voluto leggere da giovane, e rendendolo gratuito e accessibile alle nuove generazioni vuole evitare che qualcunaltr* viva le sue stesse esperienze e combatti con gli stessi suoi sentimenti. Anche in Italiano, sul sito della casa editrice Asterisco Edizioni, è disponibile la traduzione del testo in PDF, tuttavia da qualche mese è disponibile nelle librerie anche in edizione cartacea.

Nella prima edizione italiana il libro era stato pubblicato dalla casa editrice Il dito e la luna, una casa editrice che ha scelto come linea editoriale di pubblicare per lo più romanzi di argomento omoerotico, il cui contenuto è ben riassunto dalle parole di Francesco Gnerre:

Molti di questi libri […] della case editrice Il dito e la luna, sono caratterizzati dalla proiezione utopica verso un mondo dove l’amore tra gli uomini abbia la stessa dignità dell’amore eterosessuale e da un esplicito erotismo gay. Si tratta di una letteratura “di genere”, dove le situazioni sono spesso un po’ scontate e prevedibili.

Francesco Gnerre, L’eroe negato, Rogas Edizioni, 2018, p. 439

La prima pubblicazione di Stone Butch Blues da parte di questa casa editrice è sintomatico di come in Italia non esistesse un sistema editoriale improntato ad una linea omosessuale più militante legato all’autocoscienza, e questo ha fatto sì che forse il romanzo sia passato in qualche modo sottovoce.

Stone Butch Blues, il titolo è intraducibile. Butch, per definizione, è la figura della “donna lesbica” che assume una espressione di identità di genere  in qualche grado maschile. Nel glossario dell’antologia italiana di teoria queer, Canone Inverso, sotto “Butch” viene detto che in Italia si usa anche il termine “camionara”, con connotazioni spesso dispregiative per indicare assunzione di una maschilità rozza e sciatta (ivi p. 330) . La Butch del romanzo è però una Stone Butch, anche questo intraducibile. L’edizione italiana, dove ricorre nel romanzo, lo traduce come “butch di pietra”, ma non rende l’idea del significato originale. La stone butch è la butch totale, che non consente di essere toccata sessualmente, scegliendo dunque una sessualità esclusivamente attiva e una modalità di appagamento erotico dipendente dalla gratificazione altrui. Dunque Stone Butch Blues è il blues della “lesbica” mascolina attiva, che non si fa toccare per il dolore che ha interiorizzato e che fa fatica ad entrare in relazione con altre persone.

Brassaï, La Grosse Claude et son amie, au Monocle, 1932, questa foto presenta una butch (a destra) in un locale.

Il motivo per cui la parola lesbica è stata messa tra virgolette è lo stesso per cui la nuova traduzione italiana ha scelto di usare l’asterisco come morfema identificativo di genere. Nella parola butch non si intende solo una volontà di espressione di genere generalmente maschile, ma tutti quei tratti che in termini moderni possiamo legare al non binarismo. Teresa de Lauretis, colei che ha coniato l’ambito accademico dei queer studies, nel suo importante saggio Soggetti eccentrici (pubblicato da Feltrinelli nel 1999), cita Leslie Feinberg e la sua esperienza raccontata nel suo romanzo come descrittivo e esemplare dell’esperienza transgender (oggi termine un po’ desueto per identificare persone con un’identità di genere non binaria):

L’indistinzione, fors’anche l’indifferenza, di genere e sessualità si può constatare nella recente voga del termine transgender. Diversamente da transessuale, che implica essere di un sesso diverso da quello assegnato alla nascita, transgender pare voglia significare identificarsi con un sesso diverso da quello assegnato alla nascita. Benché contenga un riferimento al sessuale (suggerito dall’evidente analogia con transessuale), transgender veicola il senso di una trasformazione che non è il passaggio – lungo, difficile, pieno di ostacoli e socialmente regolato -dall’uno all’altro sesso anatomico, bensì la metamorfosi subitanea, indolore e autogestita in un essere al di là dei due generi (maschile e femminile), al di là dei due sessi (maschio e femmina) e al di là delle due forme, ora considerate “tradizionali”, di organizzazione sessuale (eterosessuale e omosessuale). Quindi, nel fare riferimento al sesso e alla sessualità, in effetti il termine transgender li elide, li cancella, ne evacua il peso specifico e gli effetti nella soggettività. […] l’inconscio rimane in ombra, è un concetto inerte che non tempera la fiducia nel diritto alla felicità sancito dalla costituzione americana e non intacca la mitologia del self-made man, qui riproposta nella figura dell’individuo che da sé si fa transgender, come la/il protagonista del popolare romanzo autobiografico di Leslie Feinberg, varcando i confini del sesso biologico femminile senza però approdare alla riva dell’altro sesso biologico o del genere maschile. (pp. 102-103)

Teresa de Lauretis, Soggetti eccentrici, Feltrinelli, 1999, pp. 102-103

Il fatto che questo romanzo sia citato come esempio da una teorica queer e nel 1999, a poco più di cinque anni dall’uscita americana del libro, rende chiaro che importanza hanno avuto sulla comunità lgbtq+ questo romanzo e le esperienze qui veicolate, qual è stata l’entità delle ripercussioni che ha avuto in ambito sociale e di come è grave la mancanza italiana di un posto adeguato per collocare questo libro.

La scrittura di Stone Butch Blues è scarna, forse una lettura non troppo scorrevole. Leslie Feinberg, così come Jess Goldber, il/la protagonista del romanzo, non ha concluso le superiori. Il motivo per cui ha cominciato a scrivere non sono le ambizioni a premi letterari ma sono intenti politici, per questo motivo alcune scene sono sovraccaricate di pathos secondo un gusto che forse ai nostri occhi può sembrare un disvalore, ma nonostante questo è un libro pregevole reso ancora più pregevole dal forte senso di appartenenza in grado di trasmettere. Una scrittura scarna dicevo, priva di descrizioni, solo una serie di eventi che hanno portato Jess a comprendere che nessuna istituzione è disposta ad accettarl* (non la famiglia, non la scuola, non il lavoro) e che per vivere meglio non basta accogliere la retorica del “bisogna accettarci per come siamo”, retorica spesso pronunciata da persone cisessuali abili bianche in possesso di qualunque altro privilegio. Per vivere meglio è necessario ripartire da una nuova costruzione degli affetti, costruire reti sociali non eteronormate in quanto non ancora esistenti, perché ogni relazionalità alla quale siamo stati messi davanti è sempre una relazionalità veicolata da un sistema eterosessuale.

Il punto di vista del romanzo però è intersezionale, ha a che fare non solo con genere, sesso e orientamento sessuale, ma anche con razza e classe. Jess si iscrive al sindacato, difende i sindacalisti nei bar gay e difende le persone queer nelle riunioni di sindacato.

Sarà forse una notazione banale, ma seppur scritto negli anni 90, essendo un memoir, fa riferimento agli anni precedenti, negli anni in cui le persone queer subivano violenze illecite dalla polizia solo in quanto queer e in cui si finiva arrestati per aver indossato vestiti socialmente appartenenti al sesso opposto. Vivere da Butch non voleva dire soltanto esprimere la propria autenticità, ma voleva dire correre il rischio di essere arrestat* ogni giorno, di essere violentat* da poliziotti, di non aver garantita la possibilità di lavorare o di farsi curare.

Letto oggi questo libro sembra che quanto racconta Feinberg sia quanto più lontano da noi eppure non è così. Sono cambiate le leggi, hanno regolato determinati atteggiamenti, i sindacati anche nel settore lavorativo hanno fatto molti miglioramenti, ma le violenze nei confronti delle persone trans* sono rimaste, sono solo cambiate e diventate più nascoste.  


Andrea Piumino

Redattore di letteratura