Storia e mito delle Stelle Cadenti negli ultimi 4000 anni
Se ancora oggi il raro fenomeno delle stelle cadenti riesce a stupire i romantici osservatori del cielo, non è difficile immaginare le innumerevoli suggestioni che avrà suscitato in coloro che, migliaia di anni fa, nelle costellazioni leggevano creature straordinarie ed eroi. Che cosa rappresentavano le stelle cadenti per chi le cercava nelle notti di 4000 anni fa? E come si è evoluto il loro significato fino ai giorni nostri?
Il primo a studiare il fenomeno delle stelle cadenti nella modernità fu l’astronomo italiano Giovanni Virgilio Schiapparelli, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera. Questa importante intuizione gli valse la prestigiosa medaglia d’oro della Royal Astronomical Society nel 1862. Schiapparelli ricondusse il fenomeno a quello degli sciami meteorici, che si manifesta quando la Terra, nel suo moto intorno al sole, attraversa l’orbita di una cometa, che ha lasciato dietro di sé una scia di detriti di roccia e ghiaccio, detti meteoridi. Entrando a contatto con l’atmosfera alla velocità di alcune decine di chilometri al secondo, i meteoridi si bruciano per via dell’attrito e a noi si manifestano come le scie luminose che chiamiamo stelle cadenti.
Gli sciami sono fenomeni che ricorrono ogni anno attorno alla stessa data, perché la Terra attraversa la stessa zona ogni anno, che nel caso della notte di San Lorenzo è l’orbita della cometa Swift-Tuttle, appartenente alla stessa famiglia della più nota cometa di Halley. Lo sciame in questione prende il nome di Perseidi, poiché tutte le scie dei meteoridi sono riconducibili a un unico radiante che ha il proprio centro nella costellazione di Perseo. L’ultimo passaggio della Swift-Tuttle risale al 1992, e il prossimo avverrà solo nel 2126. Le stelle cadenti non rappresentano un vero pericolo sulla terra, ma i micr- frammenti in caduta potrebbero danneggiare tecnologie umane in orbita. Per esempio il 10 agosto 1993 un meteoride distrusse il satellite per comunicazione Olympus.
Prima di queste scoperte scientifiche, tuttavia, la storia del cielo stellato era intrisa di miti e credenze. Nell’antico Egitto si pensava che la volta celeste fosse il corpo di Nut, la dea della nascita, e che le luci imperiture incastonate su di esso non fossero altro che le anime dei defunti. In un primo momento solo dei più illustri sovrani e faraoni potevano riconoscersi nel cielo stellato, ma dal Medio Regno anche le persone comuni poterono ambire al catasterismo – la trasformazione in stella o costellazione, che diventerà un topos nella cultura classica. In questo contesto le stelle cadenti non erano considerate vere e proprie stelle, dal momento che per gli Egizi era inconcepibile pensare che i propri cari piovessero dal cielo, perdendo il loro posto accanto agli dei. L’ipotesi più probabile era che fossero ritenuti dei doni del cielo inestimabili, non a caso nella tomba di Tutankhamon è stato ritrovato un gioiello contenente del silica glass: sabbia fusa in seguito alla caduta di un meteorite.
In altre culture antiche le stelle cadenti erano associate ad un cattivo presagio, poiché simbolo del pianto delle divinità, a preannunciare imminenti sciagure. Questo accadeva per esempio in Cina, dove l’imperatore era considerato in pericolo ogni volta che si avvistava una cometa. I Cinesi furono però anche i primi che documentarono l’osservazione scientifica di sciami meteorici, nel primo secolo d.C.. In Persia, invece, i seguaci di Zoroastro parlavano di streghe e demoni in fuga dalla volta celeste, che dovevano essere prontamente sconfitti dalla stella Sirio, per mantenere l’ordine cosmico universale.
Nell’antica Grecia le stelle cadenti erano legate al mito di Fetonte, il figlio della ninfa marina Climene e di Helios, il dio che ogni giorno trasportava il sole su un carro trainato da cavalli alati. Sfidato a dimostrare la propria discendenza divina, Fetonte chiede al padre di poter guidare per un giorno il carro solare. Con il permesso e le raccomandazioni di Helios, Fetonte inizia la sua corsa, ma perde il controllo del carro e provoca una serie di danni sia nel cielo che sulla terra – ad esempio la creazione dei deserti: terreni inceneriti per l’eccessiva vicinanza del sole. Zeus è allora costretto a ucciderlo con una saetta e i frammenti del corpo di Fentonte continuerebbero da allora a piovere sulla terra sottoforma di stelle cadenti.
In Grecia il fenomeno aveva anche un valore politico e sociale. A Sparta ogni nove anni si osservava il cielo per stabilire se gli dei fossero favorevoli o meno al sovrano in carica. Se veniva notato il passaggio di una stella cadente, ciò indicava un auspicio sfavorevole e il re doveva essere deposto. La metà di agosto, inoltre, periodo in cui tutt’oggi si possono osservare i maggiori sciami di meteore, nella cultura classica coincideva con le falloforie, ovvero le feste della fertilità per propiziare la raccolta. Durante queste occasioni si svolgevano festose processioni in cui venivano trasportati enormi falli in onore delle divinità della fecondazione: Priapo e la Grande Madre, che incarnava la Natura. Le stelle cadenti che piovevano in questo periodo erano associate al seme dello stesso Priapo che propiziava la natura.
Come spiega lo storico Plutarco, la stessa credenza è tramandata anche nel mondo romano, dove in Agosto – mese dedicato all’imperatore Augusto – si celebravano numerose feste legate all’agricoltura, tra cui anche quelle in onore di Inuo (corrispettivo di Priapo) e della sua controparte femminile Acca Larentia (corrispettiva della Grande Madre). La pioggia di stelle era quindi un presagio molto favorevole di fertilità e autori come Plinio e Marcello spiegano che secondo alcuni era in grado di guarire malattie degli occhi e calli. Il particolare il 10 agosto si festeggiavano le Larentalia, feste in onore di Acca Larentia, personaggio a cui sono legate numerose leggende: secondo alcuni era una donna di origini umilissime che diventò molto ricca e alla sua morte decise di donare tutto ciò che possedeva al popolo, così come la Grande Madre nutre i propri figli; secondo altri Acca Larentia sarebbe una “lupa”, quindi letteralmente l’animale che allattò Romolo e Remo, oppure la moglie del pastore che trovò i due bambini e che si prese cura di loro, o ancora una prostituta. Acca Larentia in ogni caso divenne una divinità molto popolare come protettrice del focolare domestico, simbolo di maternità e di fertilià.
È proprio mediante la figura di Acca Larentia che avviene la transizione, nella cultura cristiana, alla figura di San Lorenzo. Con l’avvento del cristianesimo, infatti, molte festività pagane vennero attribuite ai santi della nuova religione e San Lorenzo viene associato al 10 agosto per due ragioni. La prima è un’assonanza linguistica con il nome di Acca Larentia. Ma giocò un ruolo importante anche la fama che il martire godeva presso la corte di Costantino, il quale gli era talmente devoto da aver fatto erigere un piccolo oratorio proprio dove si presupponeva che fosse stato ucciso.
San Lorenzo era uno dei sette diaconi di Roma, messo a morte a 33 anni in seguito ad un editto emanato dall’imperatore Valeriano nel 258 a.C.: secondo l’agiografia del santo, il suo martirio si svolse nelle catacombe di Pretestato il 10 agosto dello stesso anno, arso vivo su braci ardenti – anche se fonti più accertate riportano che l’esecuzione di Lorenzo avvenne per decapitazione. Le credenze popolari associarono le stelle cadenti alle scintille della graticola dove il santo morì. In un secondo momento le stelle cadenti furono collegate alle lacrime del santo o a quelle del cielo, ma questa immagine fu per lo più influenzata dalla celebre poesia di Pascoli “X Agosto”, dove il poeta interpreta la pioggia di stelle come lacrime celesti in lutto per la morte di suo padre, avvenuta proprio il 10 agosto 1867.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
da Giovanni Pascoli – X Agosto
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
Nonostante l’associazione con la morte di San Lorenzo, le stelle cadenti non perdono il loro valore di buon auspicio nato con le feste classiche della fertilità. Non a caso, nella tradizione cristiana è proprio una stella cometa a guidare i Magi verso la grotta dove nasce Gesù Bambino. È proprio intorno all’anno Zero che nasce l’usanza di esprimere un desiderio ogni volta che se ne scorge una.
Questa tradizione è legata all’etimologia della stessa parola “desiderio”. Il termine deriva dal latino ed è composto dalla preposizione de-, che ha un’accezione negativa, e dalla parola sidus, che significa “stella”. “Desiderare”, quindi, significa letteralmente “assenza di stelle”, nel senso di “avvertire la mancanza delle stelle”, e quindi metaforicamente “volere ardentemente qualcosa che è lontano come una stella”. Già nel De Bello Gallico Cesare parlava dei desiderantes, ovvero i soldati che, a battaglia conclusa, aspettavano sotto le stelle il ritorno dei commilitoni, spesso invano. Infine il desiderio era anche quello dei marinai, che osservavano le stelle per orientarsi, desiderando di tornare a casa sani e salvi.