Simone Scuotto – Poesie
In questi tre componimenti, Simone Scuotto sembra tracciare un sentiero che guida il lettore da una condizione di assenza e impotenza fino a uno stato di consapevolezza o di possesso di sé. Lo stesso percorso è già conchiuso nella prima poesia, Giorno libero, che si apre con i versi emblematici “Mi piace tanto possedere/ ma non godo di un momento mio”, e si conclude con il ritrovamento di sé nell’ubriachezza dei sensi, unico stato in cui si riesce ad assaporare la vita.
Sulla scia del primo componimento si incasella il secondo, Delirio di onnipotenza, in cui l’estasi sensoriale raggiunge il suo apice in una scena di amplesso quasi bestiale, dove l’onnipotenza è tutt’altro che divina e si ritrova in un contatto primevo con la natura.
Ma è nel terzo componimento, Battesimo, che l’ordine è recuperato grazie alla poesia. Una simbologia religiosa emerge da immagini come la cattedrale, il deserto, il battesimo, il sangue e fa da sottofondo alla consacrazione del poeta. Egli “si scomoda” per trovare una parola universale e immanente, che si trovi già dentro le cose e che possa parlare all’interiorità del lettore tanto da mischiarsi con il suo sangue, magari tanto da tramutarsi in azione.
Giorno libero
Mi piace tanto possedere
ma non godo di un momento mio.
Non mi accorgo
che nel calice scorre il vino.
Stanotte ne ho bevuto un goccio
non riesco a togliermelo di dosso.
In completo rosso
spicco sotto i lampioni.
Mi penso bello e rallento,
ascolto ogni passo;
tinto di ubriachezza
godo del mio momento.
*
Delirio d’onnipotenza
Fare l’amore nudi nel sole
in una pozza di fango
e lasciarlo asciugare indisturbato
sui nostri corpi intrecciati.
Corpi essiccati
nell’atto impuro di amarsi;
dichiararsi colpevoli di attentato
al decoro, al pudore, alla ragione.
Corpi cavi
come vasi canopi
derubati delle loro viscere.
Simulacri sudici
come rotolarsi nel fango
e spezzare ogni dettame.
*
Battesimo
Per te si scomoda il poeta
quando scava il deserto,
scoperchia le guglie
della cattedrale sepolta.
È lì il pozzo lì la fonte;
si dice che basti una goccia
di quell’acqua segreta
per battezzare un poeta.
È lì la chiave lì lo scrigno;
tra le pieghe della terra
scorre la parola immanente
che si mischia al sangue
di chi la beve.
L’autore, Simone Scuotto
“La poesia mi è apparsa come un albero alto, complesso e radicato in me, forse nato con me il 2 luglio 1997.
Un albero che emerge all’età di dieci anni, nella forma ingenua di un sentimento infantile, e che nel tempo crescerà sempre di più. Ne percorro le radici pian piano durante gli anni del liceo e le passeggiate per le strade di Napoli, la mia città. Erano versi ancora immaturi e troppo giovani, ma gettavo idee e parole come acqua: l’idea di una poesia universale, concisa, emotiva, semplice, che sappia raccontare attraverso l’Io l’esperienza di tutti. Come spesso avviene, sono gli incontri con personalità definite a permettere la crescita, ed è infatti la conoscenza di Marco De Gemmis ed Erri De luca a stimolare nuove scelte e direzioni. Adesso l’albero poesia è più definito e determinato a comunicare, a raggiungere il cielo per liberare i suoi rami. Arrivano i primi riconoscimenti ufficiali nei concorsi, le prime soddisfazioni; La più grande: essere pubblicato da Eugenio Lucrezi su Repubblica.
Con gli studi alla Facoltà di Lettere Moderne della Federico II, la produzione cala. Inizio ad esplorare la vasta foresta d’arbusti massicci ed affermati, mentre io non sono che semplice sottobosco.
Ma i tentativi continuano a registrarsi, qualche frutto è pronto per essere colto, è maturo abbastanza.
Tutto infine arriva a condensarsi in una serie di opportunità: la pagina instagram “_piccolobuddha”, lo studio, farsi conoscere, emergere.”
Instagram: @_piccolobuddha