“LA PORTALETTERE” DI FRANCESCA GIANNONE – RECENSIONE
Vincitore del Premio Bancarella 2023, La Portalettere (Nord, 2023) è un successo con oltre 350000 copie vendute in un anno, in corso di traduzione in trentasette paesi e di cui sono già stati venduti i diritti per una serie tv. Il romanzo è firmato da Francesca Giannone, autrice salentina che decide di usare proprio casa sua come ambientazione: Lizzanello, comune pugliese in cui è tornata ad abitare in tempi recenti, si fa teatro di una storia capovolta rispetto a quella dell’autrice.
La Portalettere comincia in un cassetto di casa, dal biglietto da visita della bisnonna di Giannone, che ha ispirato la storia: Anna Allavena, portalettere, diventa infatti protagonista di questo romanzo storico e di formazione, la storia di una donna ligure che si trasferisce in Puglia nel 1934. In questo viaggio al rovescio, non si racconta dell’emigrazione dal sud Italia per cercare lavoro e opportunità, ma di un’emigrata dal Nord per amore: Anna parte per il Salento quando Carlo, il marito, riceve un’eredità inaspettata che rende possibile una vita agiata a Lizzanello.
Le pareva che tutti – il coro dei “Non ce la farai”, “Ma sei una femmina”, “Non è un lavoro da donne” – aspettassero solo di vederla fallire. Per ristabilire l’ordine delle cose.
La Portalettere, p.88
Questo per Anna è un cambiamento difficile e affrontato a malincuore, che non viene facilitato né da lei né dal resto del paese: diffidenza e incredulità la accompagnano per le strade del paesello, sentimenti certamente reciprocati, talvolta con un’alterigia inflessibile e insofferente. Anna è una donna caparbia, scolarizzata e, soprattutto, abituata a lavorare: questo la porta a candidarsi per la carica vacante di portalettere. Un lavoro che Lizzanello ha visto svolto solamente da uomini, e che farà da spartiacque non solo nella vita personale e familiare della donna, ma in quella dell’intero paese.
Il ruolo di portalettere diventa infatti per Anna il modo per costruire la propria identità e il proprio spazio all’interno della stretta trama di Lizzanello, in cui consegnare la posta significa quasi sempre leggere le missive a destinatari analfabeti. Poco per volta, tutt’altro che invisibile con i suoi pantaloni e i caffè corretti, ma pur sempre con discrezione e sensibilità, la portalettere si trova a custodire segreti, amori e screzi dei propri compaesani.
Attorno a lei Lizzanello è statica ma per nulla impassibile al cambiamento lento e silenzioso portato dalla donna, in primis nella sua famiglia: i fratelli Greco, Carlo e Antonio, sono legati da un amore fraterno indissolubile e profondo, ma pure dall’amore per Anna. Due amori che saranno spesso agli antipodi, eppure entrambi vicini ad Anna ed entrambi resilienti ad anni di difficoltà, silenzi e zone d’ombra. Il modo estremamente umano di dipingere la rete di affetti della famiglia Greco è ricco di chiaroscuro complicati, che allontanano da giudizi netti e portano piuttosto a uno scenario certamente un po’ melodrammatico, ma pur sempre veritiero nel raccontare la vita di una famiglia.
Se Giannone riesce a coinvolgere egregiamente nella lettura fitta di storie personali è anche per la capacità di scegliere con cura cosa raccontare: le vicende si dipanano all’incirca dagli anni ’30 ai primi anni ’50, vent’anni narrati non in un solo respiro ma attraverso brevi periodi e anche singoli momenti. Il risultato è una lettura pur sempre lunga ma mai tediosa, capace di far appassionare a ogni vicenda personale, fili di una trama che spiccano chiaramente su uno sfondo storico quasi dimenticato. La Storia con la ‘S’ maiuscola diventa un contesto sfruttato per far emergere la storia di un’Italia piccola, fatta tanto di auto nuove, compleanni e pettegolezzi quanto di lettere dal fronte, piccole campagne politiche e donne che si recano a votare per la prima volta.
Mentre la storia e il tempo si fanno indietro per parlare di umanità, i personaggi si muovono nella narrazione pieni di fragilità, difetti, segreti e limiti che ce li portano più vicini. Anna stessa non è certo un personaggio perfetto e senza macchia, e anzi la possibilità di saggiare anche i suoi lati più difficili e incomprensibili aiuta a costruire l’immagine di una persona criticabile e, per questo, reale. Si va oltre il farsi coinvolgere dalla finzione, finendo spesso per rispecchiarsi nel romanzo con la storia delle proprie famiglie, dei nostri piccoli paesi ed episodi mai raccontati.
“Povera creatura”, commentò Agata, posando la sua mano su quella di Anna. “Mo’ io e te siamo unite dallo stesso dolore.”
La Portalettere, p.66
Anna viene posta come chiaro esempio di emancipazione femminile e come cartina tornasole del contrasto tra nord e sud, ma tutto l’universo femminile attorno a lei contribuisce a restituire un’immagine sfumata di ciò che significava essere donna in un contesto simile. Donna Carmela, Giovanna, Maria, Agata, sono solo alcuni dei nomi che affollano già le prime pagine e lasciando le spiegazioni al resto del libro, avvertendo però della loro presenza, della loro rilevanza. Una rilevanza che romanzi di questo genere contribuiscono ad attribuire e a raccontare, anche e soprattutto attraverso la fiction quando i manuali non sanno trattenere i nomi e le realtà come queste. In questo libro la difficoltà di essere donna non sparisce mai completamente tra le pieghe della trama, e le donne di Lizzanello compongono un microcosmo da non sottovalutare, tutte diverse chiavi di lettura di come si potesse rispondere alla mentalità impari e a una realtà talvolta impietosa. Cognata, amante, pazza, tutte le targhette che le donne di Lizzanello si portano appuntate sbiadiscono spesso a confronto con la loro realtà collettiva, fatta spesso di solitudine, perdita, scelte obbligate e limiti sociali che faticano a contrastare.
Quanto può essere tenace, l’amore che cede il passo all’odio?
La Portalettere, p.13
L’ultimo tassello del puzzle di questo romanzo, quello che emerge col tempo e guardando lo svolgersi degli eventi nella sua totalità, è il compromesso. La prospettiva del romanzo è abbastanza ampia da rendere vittorie e avversità solo alcuni capitoli della storia, persi in anni e anni di vicende dove torti e ragioni si stratificano e consolidano in rapporti complicati, finanche a mutarne la forma. Le relazioni dentro e fuori la famiglia Greco si stringono e allentano in modi inaspettati, e il lettore è messo di fronte al fatto che non sempre la soluzione migliore è un lieto fine, una verità che frantuma ogni rimasuglio di morali da cartone animato: la sincerità non porta sempre all’accettazione, alla soluzione positiva, e segreti e bugie possono vivere intessuti nei rapporti migliori. Amare è difficile, coesistere è difficile, e nemmeno essere onesti e fedeli ai propri principi può regalare finali facili e trasparenti: deludere gli altri, mentire, tradire, sembrano diventare non incidenti di percorso, ma ingredienti fondamentali per qualunque vita, tappe obbligate sulle quali si edifica nonostante tutto il proprio futuro e quello degli altri.
Con una semplicità che tutto sommato lascia spiazzati, la storia di Anna dona una presa di coscienza quasi serena, e abbandonare le rosee aspettative da favola non è per forza un commiato terribile e pessimistico. La narrativa infatti non si alimenta di rimpianti e scelte drammatiche, ma di vite umane condotte al meglio delle capacità di ognuno, contribuendo ancora una volta a rendere estremamente reale e vicino a noi il paese di Lizzanello. La Portalettere è un romanzo che si fa apprezzare oltre il semplice passatempo, regalando sì qualche ora di totale immersione nella lettura, ma anche un coinvolgimento emotivo che penso sia cruciale nel grande successo riscontrato. Invita a spingersi oltre l’apparenza dei rapporti e delle persone che ci stanno attorno, a capirne le fragilità, i motivi, complessità che rendono tale una comunità di familiari, amici, e anche compaesani strambi. Versare qualche lacrima tra una pagina e l’altra non sarà una sorpresa.