Letteratura,  Musica e Teatro

“Onda su Onda” o del regalo del Naufragio: la filosofia di Paolo Conte

di Felice La Peccerella

Paolo Conte è un genio. Una volta stabilita questa premessa, tutto ciò che verrà detto in seguito non è altro che una necessaria conseguenza: d’altronde è così che funziona la Filosofia. Il cantautore piemontese Paolo Conte, uno dei più grandi della musica italiana, non ha sicuramente bisogno di né presentazioni né di elogi. All’interno di questo articolo si prende in analisi la canzone “Onda su Onda”: scritta da Paolo Conte nel 1974 venne resa famosa grazie all’interpretazione di Bruno Lauzi, un altro genio della musica italiana. Il brano, attraverso un ironicissimo valzer, mette in luce, fin dalle prime strofe, il tema del naufragio.

Che notte buia che c’è, povero me, povero me
Che acqua gelida qua, nessuno più mi salverà
Son caduto dalla nave, son caduto
Mentre a bordo c’era il ballo

La canzone si apre in media res, al centro degli eventi: un uomo si trova in acqua dopo essere caduto da una nave (forse una nave da crociera) e nessuno pare essersi accorto del suo finire fuori bordo. Conte informa l’ascoltatore, fin dal principio, che nessuno salverà quell’uomo, che ormai si trova in acqua, di notte, condannato al freddo e al gelo mentre sulla nave prosegue il ballo. Si vanno a creare così due situazioni contrastanti: da un lato il ballo, il movimento dei corpi, il calore, la festa, il divertimento, dall’altro l’acqua, la solitudine, la notte, il freddo. Su queste note, immediatamente si apre il ritornello:

Onda su onda
Il mare mi porterà
Alla deriva
In balia di una sorte bizzarra e cattiva
Onda su onda
Mi sto allontanando ormai
La nave è una lucciola persa nel buio
Mai più mi salverò 

Continua così il monologo interiore del protagonista che, rassegnato, si lascia condurre dalle onde e accetta la sua sorte guardando la nave farsi sempre più piccola fino a diventare un’ultima fioca luce, all’interno dell’immenso nero mare. L’uomo prende così coscienza che nessuno mai lo salverà, il suo corpo si sta allontanando ed il suo destino è inevitabilmente segnato. In questo momento il tema del valzer rallenta e tutta la canzone da frenetica si apre ad un intermezzo lento, capace di evocare quell’immagine fondamentale, perno di tutta la canzone: 

Sara, ti sei accorta?
Stai già danzando insieme a lui
Con gli occhi chiusi ti stringi a lui
Sara, ma non importa 

Sulla scena compare una donna, di cui sappiamo addirittura il nome: Sara è, per la prima volta all’interno del testo, un’immagine concreta. Una donna, quella rappresentata nel brano, che, vivendo in balia degli eventi, sta già ballando insieme ad un altro uomo, stringendosi a lui con gli occhi chiusi, mentre il nostro protagonista, disperso in acqua, da lontano immagina (o forse guarda) questa scena. Lei, trascinata dalla musica, chiude gli occhi e si abbandona ad un imprecisato uomo, mentre il naufrago, lasciandosi trascinare dalle onde, si rassegna ad una sorte tanto bizzarra quanto cattiva. Ma è proprio il verso conclusivo di questo intermezzo, con la sua straordinaria bellezza, a configurarsi come un inciso fondamentale ai fini dell’analisi: le parole “Sara, ma non importa” spingono a riflettere sul perché, ormai, tutto ciò non abbia più importanza. Il protagonista, nel momento esatto in cui prende coscienza della sua fine, disperso in mare, completamente solo e infreddolito, mentre per l’ultima volta osserva la sua amata ballare con un altro uomo, non trova in questo gesto alcuna rilevanza.

Prima di esaminare la seconda parte del testo, che risponderà a questa domanda, è necessario fare alcune considerazioni sul tema del naufragio, facendo particolare attenzione all’elemento dell’acqua. Da sempre, metaforicamente, il cammino dell’uomo sulla terra è stato messo in relazione col tema della navigazione. L’atto stesso di “Partire per mare” o di “imbarcarsi in una nuova avventura” mette in risalto un elemento tanto pericoloso quanto affascinante, proprio perché posto al di fuori del controllo umano: l’atto stesso di navigare pone dei rischi e, proprio per questo, i marinai sono sempre stati raccontati e indentificati come uomini dal grande valore . Certo, si può vivere anche stando fermi sulla scogliera, osservando, da una posizione privilegiata, le navi salpare e naufragare, ma è chiaro che la “vita vera” si percorre solo gettandosi nella corrente, in balia delle onde.

La vita che vale la pena di vivere è dunque quella che comporta un rischio: le relazioni sentimentali sono, in un certo senso, un viaggio che si compie con una persona, e come tale, comporta il rischio della sua fine, del suo naufragare. Ma cosa succede se si riesce a sopravvivere al naufragio? Vivendo l’esperienza limite della morte, sconfiggendola, l’uomo impara qualcosa. All’interno del romanzo Ricerca del tempo perduto è lo stesso Proust a ringraziare Albertine, perché, grazie al suo tradimento, ha potuto cogliere quelle verità a lei precluse in quanto traditrice. La donna, avendolo fatto naufragare in un’esperienza dolorosa, gli ha fornito l’opportunità di riemergere come un essere umano nuovo, accresciuto. Probabilmente anche Proust si sarà sentito in balia delle onde, metafora di una sorte bizzarra e cattiva, irrimediabilmente solo e pronto a morire: ma alla fine ne è uscito vivo, proprio come il protagonista della canzone. E Paolo Conte riesce ad esprimere tutto ciò all’interno di una frase capace di riassumere tutto ciò che in queste poche righe si è cercato di dire. 

Ecco dunque la seconda parte della canzone, che, riprendendo il motivetto incalzante del valzer, recita: 

Stupenda l’isola è
Il clima è dolce intorno a me
Ci sono palme e bambù
È un luogo pieno di virtù
Steso al sole ad asciugarmi il
Corpo e il viso guardo in faccia il paradiso

Onda su onda il mare mi ha portato qui
Ritmi, canzoni
Donne di sogno, banane, lamponi

Onda su onda mi sono ambientato ormai
Il naufragio mi ha dato la felicità che tu
Tu non mi dai
 

Il protagonista, al termine della melodia, è giunto su un’isola da sogno: alla fine è riuscito a galleggiare, resistendo al naufragio. E proprio grazie a quel naufragio, capace di dargli una felicita fino a quel momento inedita, è guarito dalla ferita del tradimento. Non è più importante che Sara non stia danzando con lui, perché l’uomo si accorge che, una volta passato attraverso il naufragio, sta meglio e può godersi, disteso il sole, le donne, le banane e i lamponi. 


Onda su onda

Felice La Peccerella

Redattore di Filosofia

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