Nostalgia – tra mancanza dei tempi passati e rifiuto del presente
Da quella viuzza si poteva osservare la folla di turisti, da lontano, distaccati, ma perfettamente consci di ciò che accadeva. Sull’uscio di una delle casette vi erano degli anziani. Osservavano, con gli occhi e col cuore, quel gruppo di gente in lontananza, interessata alla loro terra. Non sembravano felici…
Phaul
Un profumo noto, una vecchia melodia, la nostra casa d’infanzia, le emozioni appartenute ad un passato che vorremmo ancora nostre. Quando a stregarci è la potenza della memoria ed il ricordo l’unica sua traccia, resta, sola, la loro mancanza.
Linda Barberis
Nostalgia: un’emozione ambivalente e pluridimensionale, caratterizzata dal ricordo dei momenti felici e dei luoghi in cui l’animo era bambino. Ricordi che emanano una profumata beatitudine, quella gioia fugace che ricade in tristezza davanti all’impossibilità che possano ritornare ed esistere ancora. Sta a significare, come scrive l’autore portoghese Gabito Nunes: “Amare un passato che ci fa soffrire nel presente”.
Letteralmente si potrebbe tradurre come “dolore del ritorno”, desiderio di tornare a casa, in patria, laddove risiedono le proprie origini. Il primo a parlarne fu lo studente Johannes Hofernella sua tesi “Dissertazione medica sulla nostalgia” (1688) in cui pone l’attenzione su quella che lui chiamava “tristezza ingenerata dall’ardente brama di tornare in patria” da parte dei mercenari svizzeri al servizio dell’esercito francese, costretti a stare a lungo lontani dal loro paese natale.
Solo in un secondo momento, la parola cambiò completamente area semantica: il passaggio dalla caratterizzazione geografica ad una prospettiva storica le permise di acquisire il tipico senso di perdita del passato noto ancora oggi.
Con l’età del Romanticismo e contemporaneamente alla nascita della società di massa, il tema del ricordo, del ritorno all’infanzia e ai cari momenti passati si caricò di tensione eroica e drammatica trasformando il sentimento nostalgico nell’emblematico stile di fine Ottocento. Questo malinconico senso di perdita si fece sottofondo del pensiero di chi sentiva l’irrinunciabile bisogno di esprimerlo nelle più svariate forme, animando la penna di autori come Leopardi, Baudelaire, Pavese, Ungaretti, Pessoa ed innumerevoli altri.
Retromania: il pensiero vintage che diventa di massa
Nonostante sia spesso considerato un sentimento antico, la nostalgia non ha smesso di rivestire un compito importante nelle nostre vite. La professoressa dell’Università di Harvard Svetlana Boym classifica anzi la nostalgia come un sintomo del nostro tempo, un’emozione storica consustanziale alla modernità. Non è affatto “passata di moda”, anzi, una nuova tendenza vintage affonda le sue radici proprio in questo sentimento nostalgico.
Oggi giorno non si può più parlare solamente di una nostalgia intima, relegata alla propria infanzia che si manifesta durante i periodi critici di transizione del corso della vita, limitandola al piano soggettivo della persona in sé.
Questo tipo di sentimento si estende, in aggiunta al piano personale, ad una “nostalgia di massa” manifestandosi nel susseguirsi delle ondate generazionali. Secondo l’esperto Emiliano Morreale questo tipo di nostalgia collettiva o, come la chiama lui, “mediale” oltre a essere sostanzialmente anti-storica (cioè slegata da un rapporto di continuità col passato) è contemporaneamente individualizzante e generazionale. Con il passato non vi è continuità perché non sussiste nessun progresso determinante che vada ad arricchire il bagaglio culturale della storia che fin ora ci ha preceduto.
Simon Reynolds riassume questo concetto nella parola Retromania: l’impossibilità di immaginare un futuro dopo aver considerato ogni combinazione possibile del passato; ripresentarlo fino all’ossessione della sua celebrazione.
I bei vecchi tempi
Dalla musica all’atmosfera retrò del cinema, dall’abbigliamento – lo stile vintage ne è un esempio palese – quella che dovrebbe essere l’identità artistica di questi anni tace, andandosi continuamente a riversare sulle tendenze del passato, cercando di riportare “i bei vecchi tempi” come il rifugio di una società in crisi, incapace di produrre il nuovo, innovazioni autentiche, priva di strumenti che porterebbero al superamento di uno schema già consolidato negli anni precedenti. Il presente che viviamo non sembra più dare cenni di creatività.
Pensiamo, per esempio, alla magia degli anni ’70/’80. Erano anni rosei (almeno in Italia) di boom economico, in cui chi voleva lavorare poteva farlo senza fare salti mortali, quando la realizzazione delle proprie prospettive non era una meta così lontana e ardua da raggiungere. Si ballava al ritmo della musica dance e del pop indossando dal denim dai colori fluo. I ricordi venivano immortalati dall’intramontabile Polaroid, i rapporti umani si coltivavano rigorosamente dal vivo e le evoluzioni della tecnologia erano ai primordi, non ancora un’ossessione di massa. Regnava la filosofia del Peace and Love e della libertà d’essere, senza la preoccupazione di ipotetici giudizi sociali. Insomma, era un periodo spensierato in cui non si badava a costi e consumi, forse, anche con una traccia di ingenuità.
La nostalgia come risorsa psicologica
Coloro che hanno vissuto questi anni in gioventù non potrebbero far altro che guardar con sguardo malinconico il fascino che portavano con sé, consapevoli dello scorrere della vita e della sua irriproducibilità. A dar base scientifica a questo atteggiamento Clay Routledge, Jamie Arndt e altri ricercatori hanno svolto nel 2011 una serie di studi, da cui è nata una pubblicazione: “The past makes the present meaningful: Nostalgia as an existential resource” in cui si evidenzia l’importante ruolo positivo della nostalgia. Viene descritta come una risorsa in termini psicologici, che aiuta a orientare la consapevolezza verso il significato che ognuno di noi attribuisce alla vita.
Nella sua rievocazione, si guarda al passato in modo integrativo. La nostalgia dà un senso di continuità, permette di acquisire una direzionalità nel caos così che persone possano mantenere la propria identità anche di fronte ai passaggi importanti che segnano le discontinuità del ciclo di vita.
Come spiegare, allora, la diffusione di tale sentimento nostalgico fra le generazioni che non hanno vissuto quel passato a cui sembrano voler tornare?
Bisogna ammetterlo, in campo tecnologico e biomedico il progresso sta portando risultati eccezionali al giorno d’oggi. Basti pensare alla speranza di vita media che non ha fatto che allungarsi col passare degli anni: in base alle stime del 2018 in Italia ha raggiunto gli 80,8 anni per gli uomini e gli 85,2 per le donne. Mentre un tempo stava nei problemi di salute fisica il nostro tallone d’Achille, quando non esistevano ancora terapie e strumenti all’avanguardia, oggi si risente in gran diffusione di problemi di salute mentale e psicologica. Si vive più a lungo, ma si è meno felici.
A dimostrarlo le Nazioni Unite hanno presentato il 20 marzo scorso il World Happiness Report che misura il livello di soddisfazione dei cittadini di 156 nazioni diverse. Il livello di felicità medio mondiale è in diminuzione.
Tra le cause, la diffusione di malattie e problemi psicologici come i disturbi della personalità o il disturbo ossessivo compulsivo accompagnato da fobia sociale legati a preoccupazione, rabbia e stress. Sintomi più che comuni creati, in primis, dalla mole di informazioni e stimolazioni a cui l’uomo contemporaneo è giornalmente sottoposto. Secondo l’indagine ISTAT “Condizioni di salute e ricorso ai Servizi sanitari” del 2013 la depressione è il disturbo mentale più diffuso del nostro tempo: si stima che in Italia superino i 2,8 milioni (5,4% delle persone di 15 anni e più) coloro che ne hanno sofferto nel corso del 2015. Questa depressione è spesso associata con l’ansia cronica grave. Si stima che il 7% della popolazione oltre i 14 anni (3,7 milioni di persone) abbia sofferto nell’anno di disturbi ansioso-depressivi.
Se in passato il progresso creato dall’uomo corrispondeva in egual misura all’evoluzione personale, oggi la modernità porta con sé un’ombra decadente, spesso in contrasto al suo stesso fautore.
La nostalgia, quindi, è soltanto il desiderio di riacquisire lo stile di vita di un passato florido o è piuttosto un rifiuto verso il carattere asfissiante di questo presente?
Ecco che la nostalgia si presenta paradossalmente con il travestimento del suo opposto: l’insofferenza e la ricerca di una condizione migliore.
Ciò che possiamo intravedere è un futuro che porta con sé le comodità e la connessione su più livelli ma una distanza umana incredibile su tanti altri e questo la nuova generazione, anche se composta dai cosiddetti nativi digitali, lo sente. Il sentimento nostalgico richiama nei giovani il desiderio di una vita autentica.
Siamo sottoposti ad un mercato che sembra voler mettere alla prova le nostre resistenze e, nella maggior parte dei casi, le vince. Una sorta di tentativo continuo di corruzione del consumatore che fa leva sui bisogni primari e, ancor di più, sull’ignoranza dei molti. Il bisogno di approvazione sociale suscitato dai social network è uno degli aspetti che maggiormente influenza la condotta dei suoi utenti, una dinamica che, per chi non è completamente assuefatto dalla società moderna, a lungo andare inizia a diventare quasi un fastidio; crea insofferenza.
Per chi risente particolarmente di questi meccanismi sociali il presente non può che apparire inadeguato alle proprie necessità e alla propria persona. Questi giovani sentono che qualcosa manca, sicuramente un’identità portante che caratterizzi il nostro presente in primis e di non meno importanza, l’umanità che sta andando a perdersi, egoismo ed egocentrismo che dilagano.
Il concetto di identità come società, identità come cultura arriva ad influenzare immancabilmente anche la sfera del singolo, in un uomo che porta il sentimento della sua epoca. La nostalgia a cui è soggetto il mondo giovanile diventa, così, un meccanismo di difesa verso quell’identità perduta che li spinge a ricercare sicurezza nei valori che nei tempi passati hanno determinato la tanto desiderata felicità.
Credits
Paolo Mandelli per la fotografia Trio 272
Da quella viuzza si poteva osservare la folla di turisti, da lontano, distaccati, ma perfettamente consci di ciò che accadeva. Sull’uscio di una delle casette vi erano degli anziani. Osservavano, con gli occhi e col cuore, quel gruppo di gente in lontananza, interessata alla loro terra. Non sembravano felici…
Phaul è un progetto di Paolo Mandelli che nasce dalla voglia di condividere una parte di sé, la più interessata all’avventura e pronta a cogliere l’attimo, in una chiave quasi sempre filosofica e ispiratrice. L’autore, attraverso i suoi scatti, cerca di dar voce a quel demone interiore che, da sempre, lo porta a vedere il mondo con occhi diversi.
Instagram: @Phaul
Sitografia:
https://psycnet.apa.org/record/2011-15473-001
https://www.istat.it/it/files/2015/09/Dimensioni-salute.pdf
https://worldhappiness.report/ed/2019/
http://www.thewalkman.it/epoca-della-nostalgia-meglio-prima/
ABSTRACT
Lo stile vintage è diventato molto di più che una semplice moda affondando le radici nella nostalgia di quelli che erano “i bei vecchi tempi”. Sentendoci inadatti al presente rincorriamo il desiderio di vita autentica. La nostalgia, infatti, si presenta paradossalmente con il travestimento del suo opposto: l’insofferenza verso la propria società e la ricerca di una realtà migliore. I ricordi degli anni che hanno visto nascere sentimenti e possibilità che la modernità sta andando perdendo emanano una profumata beatitudine, quella gioia fugace che si trasforma in desiderio davanti all’impossibilità che possano ritornare ed esistere ancora. Oggi si parla di “Retromania”: se l’identità di questi anni tace non resta che la celebrazione del passato.