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Alberto Schiavone, Non esisto – Premio Booktube 2024

Se è sicuramente fondamentale che un libro abbia qualcosa da dire, a volte questo non è sufficiente perché dia vita a una storia efficace. È questo il destino di Non esisto, romanzo di Alberto Schiavone, che per quanto si riveli dotato di un’anima, di un messaggio più profondo che meriterebbe di spiccare il volo, finisce per cadere vittima di scelte formali poco valide, che lo costringono quindi a restare inchiodato a terra.

Il romanzo segue la storia di Maria, ragazza appena uscita dal carcere, e i suoi tentativi di ricostruire pezzo dopo pezzo la propria vita. Costretta ad affrontare povertà, abbandono e solitudine, la ragazza si aggira nel mondo non vista: significative in questo senso sono le prime pagine del romanzo, che vedono Maria parlare con degli sconosciuti in un bar. Nessuna delle persone presenti viene caratterizzata con più di qualche dettaglio, e nemmeno i loro nomi sono noti, sostituiti da dei soprannomi inventati sul momento. È una scena quasi soprannaturale, un breve momento di vicinanza tra sconosciuti che stanno per ripartire ognuno per la propria strada, quattro fantasmi che si riconoscono per un solo istante e che subito dopo tornano ad essere nulla. È questa la prima idea che riusciamo a farci di Maria, quella di un personaggio che accarezza il mondo senza mai farne davvero parte. La protagonista del racconto resta per molti aspetti una figura sconosciuta anche allo stesso lettore al quale, sebbene vengano concessi svariati scorci sulla sua vita da bambina ed adolescente, viene negato l’accesso all’esperienza che la ragazza ha vissuto in prigione. Altrettanto misteriosa è la causa della sua incarcerazione, che non verrà mai rivelata nel corso del romanzo. Eppure, è proprio da qui che parte tutta la storia: se non è possibile vedere come Maria sia arrivata in carcere, risulta invece ben chiaro come ne è uscita. Quello che nell’immaginazione comune viene interpretato come un momento di libertà assoluta si rivela per la ragazza un’esperienza al limite del tragico, un’enorme denuncia alla condizione dei carcerati che, pur riabilitati agli occhi della legge, si ritrovano isolati da un mondo che non ha intenzione di accettarli. A nulla vale la libertà se questa non viene riconosciuta, se alla persona non viene data la possibilità di esistere davvero, e Maria, appunto, non esiste. Se anche non verrà mai mostrato l’interno del carcere in cui la ragazza si trovava, la sua vicenda lì dentro è una presenza silenziosa che impregna l’intero romanzo. Per il mondo è come se lei non fosse mai uscita, come se la vera Maria fosse morta lì dentro, rimpiazzata ora nel mondo esterno da uno spettro che si può facilmente ignorare. Un esempio fondamentale in questo senso è il tentativo di ricontattare la propria famiglia, la quale però non vuole avere più nulla a che fare con lei. Maria si ritrova quindi in mezzo alla strada, potendo contare soltanto su una vecchia bicicletta sgangherata e su una piccola somma di denaro, gli ultimi doni di suo padre prima di voltarle definitivamente le spalle.

Eppure, isolamento e solitudine non rendono Maria un personaggio statico: da parte sua c’è realmente un tentativo di riprendere in mano la propria vita, di sfruttare quella libertà che le è stata concessa. Anche se la società tenta di tutto per tenerla fuori dal mondo civile, non è comunque in grado di smorzare la sua spinta verso la sopravvivenza. Maria decide quindi di vivere: trova una casa, cambia qualche lavoro, si innamora, ritrova vecchie amicizie, sogna un futuro, una città ideale nella quale rifugiarsi. Purtroppo il suo tentativo è destinato a concludersi in un fallimento, del quale lei stessa diventa consapevole ritrovandosi nel mezzo di un violento litigio tra il suo nuovo compagno, soprannominato Pesciolino, ed una sua vecchia amica, Alexandra. Entrambi sono convinti di sapere ciò che è meglio per lei, ed entrambi ignorano ogni sua protesta, ogni tentativo di far sentire la propria voce. Resasi conto, nonostante tutti i suoi sforzi, di continuare a non esistere, di ritrovarsi di nuovo invisibile come invisibile è il suo dolore, Maria fugge di casa, trova una spiaggia e scivola in mare facendosi cullare dalle onde, lasciando al lettore il compito di immaginare quale possa essere il suo destino.

Il romanzo dunque presenta dei tratti sicuramente apprezzabili, una trama abbastanza lineare con al centro un tema sicuramente non scontato, ed anzi per molti aspetti tremendamente attuale. Purtroppo però questi elementi positivi vengono messi in ombra da scelte stilistiche e comunicative che sollevano qualche perplessità. Se alcuni elementi formali risultano di un certo interesse, come il continuo passaggio tra prima, seconda e terza persona, che contribuisce a mantenere un’immagine di Maria sempre fuori fuoco, mai pienamente centrale nella sua stessa storia, altri appaiono invece artificiosi e si rendono responsabili di una scrittura pesante e a tratti stucchevole. Tra questi è necessario ricordare la tendenza a mettere parole casuali in bocca ai personaggi che risultano funzionali solo ad aprire la strada a una frase ad effetto necessaria per concludere il paragrafo. Se qualche frase memorabile può essere di una certa efficacia all’interno di un romanzo, è altrettanto importante che non si arrivi ad un eccesso di queste, preferendo invece una quantità ridotta che vada a favore di una qualità superiore. Altrettanto fastidioso sul lungo periodo è l’inserimento di piccole divagazioni che interrompono il corso degli eventi, come degli intermezzi tra i vari paragrafi, le quali dovrebbero rappresentare pensieri sciolti di Maria prodotti dalle vicende del momento. Questi riescono però a spaziare da riflessioni sulla Via Lattea a frammenti della storia di Wolfgang Priklopil e, se l’idea in sé può sembrare anche interessante, nella sua realizzazione si rivela invece inefficace, contribuendo solo a rompere il ritmo del racconto. Infine, alcuni degli avvenimenti raccontati rasentano la banalità più assoluta. Tra questi spicca sicuramente l’incontro tra Maria ed il Ballerino, un personaggio proveniente dal suo passato, figlio di un boss della malavita ed amante rifiutato della ragazza, il quale le dà la caccia per ucciderla. Dovrebbe essere una scena particolarmente importante, forse anche necessaria per mostrare quali potrebbero essere i motivi che hanno portato Maria in carcere. Ed invece tutto si risolve in una rocambolesca fuga a seguito di una conversazione grottesca e banale, figlia di un film poliziesco di quart’ordine.

Non esisto si presenta purtroppo come una grande occasione mancata, un romanzo che ha un suo cuore ma i cui contenuti, seppur di grande importanza, vengono annacquati da una scrittura non sempre eccellente, quando non pienamente dannosa per l’immersione del lettore. Un aereo con tutti i pezzi giusti ma assemblati nel modo sbagliati, e destinato quindi a non decollare.  


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Di Mattia Mancini

Mattia Mancini

Redattore di letteratura

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