Critica di Prosa,  Letteratura

“Circe” di Madeline Miller – Storia di una maga

Di Anna Maddaloni

Immagine di copertina de “Circe” di Madeline Miller

Madeline Miller è un’autrice statunitense, laureata in lettere classiche, famosa per le sue opere ispirate alla mitologia per poi svilupparsi in modi che si distanziano del tutto da quella che era la narrativa del tempo. 

Uscito negli Stati Uniti e in Inghilterra nel 2018, Circe è il secondo romanzo pubblicato dalla Miller, e, con una penna estremamente delicata, tratta del mito della celebre maga, toccando una ad una le esperienze che l’hanno caratterizzata prima e dopo il noto episodio con Odisseo. 

Tale opera si può dire rivoluzionaria, in quanto incontra il mito e lo impregna di sentimenti ed emozioni. Non si parla più di eroi senza scrupoli e valorosi, bensì di caducità della natura umana e viziosità, di gelosia e invidia, ma anche di amore, amicizia e famiglia. Miller dunque fa un significativo passaggio, andando a fondere il mondo umano con quello divino.

«Mio padre sorrideva “Fratelli” diceva, “che discorsi sono questi? Il fragrante fumo dei sacrifici non basta forse per tutti? Questo Zeus non se la cava poi male, per ora.”»

Circe, pag. 22

Trama

Circe è figlia di Elios, dio del Sole, e della ninfa Perseide, tuttavia è completamente differente dai componenti della sua famiglia, dal momento che ha aspetto e voce più simili a quelli di una mortale che a un dio, non ha poteri, conosce l’empatia e apprezza la compagnia degli essere umani. Infatti, si innamora di Glauco, un uomo che trasforma in divinità; si impietosisce per Prometeo, condannato per aver rubato il fuoco agli Dei e averlo dato agli uomini; trasforma la ninfa Scilla in un mostro per un impeto di gelosia. Per queste ragioni viene esiliata sull’isola di Eea, dove impara a gestire le proprie arti magiche e, di anno in anno, colleziona esperienze che le consentono di crescere e diventare saggia. Incontrerà l’ingegnoso Dedalo, il mostruoso Minotauro, la tragica Medea, l’astuto Odisseo e la difficile Penelope. Dunque passerà dall’essere una giovane e ingenua maga, a un’amante, e infine una madre. Si tratta di un romanzo di formazione che offre uno sguardo profondo su un personaggio estremamente particolare, dall’acuta intelligenza mitigata da una forte passione. Si potrebbe parlare anche di un viaggio, rifacendosi all’opera omerica, un tema ricorrente nella mitologia e porta la maga alla consapevolezza di preferire il mondo umano a quello divino, perché è stato l’unico che l’abbia mai accettata.

La trasformazione di Glauco

Primo emblematico episodio che consente di percepire l’emotività del personaggio è quello nel quale Circe, innamorata del marinaio Glauco, vuole renderlo immortale per non perderlo, dunque spreme della linfa da alcuni fiori e gliela fa ingerire, al che lui subisce una metamorfosi dopo la quale diventa una divinità. Questo atto mostra l’ingenuità di Circe, disposta a tutto per amore, andando contro le stesse Moire. Infatti le capacità di cui è titolare sono molto pericolose e, se utilizzate per scopi come quello della maga, nel mondo divino e umano possono verificarsi gravi squilibri.

A seguito della trasformazione di Glauco, tuttavia, Circe si rende conto del fatto che il suo ardore non è corrisposto in quanto il dio novello si innamora di Scilla, una delle più belle ninfe dell’Olimpo. È qui che emerge un altro sentimento molto forte: la rabbia. La maga infatti decide di vendicarsi di lei, attribuendole la colpa del mancato amore tra Glauco e Circe, e la trasforma in una bestia tentacolata a cinque teste, priva di ossa e viscida.

«Quello che sapevo era che la odiavo. Poiché ero come ogni altra sciocca innamorata di qualcuno che ama un’altra. Pensai: se solo lei sparisse, cambierebbe tutto.»

Circe, pag. 61

La passione di Circe

È evidente che la chiave di lettura principale del romanzo, dunque, è l’amore di Circe. L’amore per i mortali, che si riflette nella vicenda di Prometeo, per la fugacità del tempo, per i sentimenti puri e genuini che si mescolano con atteggiamenti spesso distruttivi e per l’imperfezione. 

Circe, durante il suo primo periodo di permanenza nell’Olimpo, soffre la cattiveria dei suoi familiari i quali le dedicano un trattamento che la porta a mettere in dubbio se stessa e il suo diritto di essere parte di un contesto che non la rappresenta. Lei teme la rabbia di suo padre, il quale la rinnega e attribuisce alla madre la colpa per cui la figlia non è sufficientemente “divina”; teme le ninfe, molto più belle di lei; teme Perseide, sua mamma, che si vergogna di lei a tal punto da non rivolgerle parola; teme le sorelle, che la prendono in giro; infine teme l’amato fratello minore Eete, consapevole che quando crescerà smetterà di rispettarla. Sono queste le ragioni per cui, quando verrà esiliata, la sua solitudine diventerà occasione di riscatto. Inizierà ad amare la sua isola, custodendola con gelosia, ospitando i marinai meritevoli e punendo coloro che vorranno approfittare di lei. Qui Circe smetterà di avere paura. Imparerà a conoscere i suoi poteri e li userà con intelligenza, per proteggere sé stessa e la sua isola. 

Dopo Odisseo

Eppure, ciò che rende il mito di Circe affascinante, riguarda la consapevolezza di donna e madre che acquisisce a seguito della relazione di Odisseo. Concepisce infatti un figlio, Telegono, che ama con tutta se stessa e al quale sarebbe disposta a dare la sua stessa vita. La maga cresce un figlio valoroso, astuto, e ammira le sue somiglianze con il padre. Ciò che differenzia Telegono da Odisseo, però, sono il sentimento, la profondità; il figlio è infatti un uomo umile, gentile e appassionato, è curioso e risoluto e ciò che vuole di più al mondo è conoscere suo padre. La sorte però vuole che sia proprio lui a ucciderlo, ed è qui che Circe dovrà prendere importanti decisioni, ed è sempre qui che vedremo il passaggio dal suo essere una giovane dea ingenua, all’essere una donna altruista e intelligente. Infatti incontrerà Penelope, moglie di Odisseo, e Telemaco, il figlio, che saranno accompagnati sull’isola di Circe da Telegono. La maga sarà dunque tenuta a fronteggiare la difficile Penelope, che non è più la bellissima moglie che attende a casa il valoroso marito, come quanto narrato da Omero, bensì è una donna rassegnata e determinata a tener saldo ciò che è rimasto della sua famiglia. E nel farlo chiederà aiuto a Circe, la quale dimostrerà in tale situazione l’amore incondizionato per la natura umana e per il figlio, vedendosi disposta a ospitare il focolare del suo amante sulla sua isola. 

«E’ questo che significa essere vivi.»

Circe, pag. 397


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https://it.wikipedia.org/wiki/Circe

Anna Maddaloni

Redattrice in Letteratura