La Symphonie fantastique di Hector Berlioz – Un’allucinazione romantica
Il romanticismo, cioè la caduta dei canoni classici in favore dell’ascesa della libera espressione emotiva, si manifesta tardivamente in musica rispetto alle altre arti. Approssimativamente, l’anno d’inizio è il 1830, quando viene raggiunta la maturità musicale dai compositori del “quadrifoglio romantico” (Mendelssohn, Chopin, Schumann e Liszt). Dal tramonto del classicismo, strutturato sulla conoscenza scientifica e razionale di natura illuminista e che in musica si traduce nel formalismo monumentale del primo Beethoven, sorge in piena contrapposizione l’ideale romantico di passione ed esternazione di forti emozioni, il cui frutto più ribelle e appassionato è la Symphonie fantastique del compositore francese Hector Berlioz.
La musica a programma
La Symphonie fantastique è il primo esempio in assoluto di musica a programma, ovvero un nuovo genere compositivo che nella sua espressione e realizzazione musicale allude esplicitamente a contenuti di natura extramusicale. “Il programma”, afferma Berlioz, “deve essere considerato come il testo di un’opera, che serve a presentare i brani musicali, descrivendone il carattere e l’espressione”. La musica a programma nasce dall’esigenza romantica di far penetrare la vita nell’arte, cioè di corrompere la purezza formale della musica strumentale con episodi di vita vissuta tratti dalla letteratura, dalla poesia o dall’arte.
Berlioz irrompe giovanissimo nel panorama musicale ottocentesco con una totale innovazione del genere sinfonico: viene apprezzato e stimato da Liszt, il quale rimane talmente affascinato dalla Symphonie fantastique tanto da scriverne una riduzione per pianoforte, ma d’altra parte è guardato con disapprovazione da Schumann, compositore legato alla musica “pura” di Schubert e del primo periodo stilistico beethoveniano.
Due volti del romanticismo
Schumann, nei sui scritti parla della musica a programma come un involgarimento della musica, come se a qualcosa già di per sé perfetto venisse aggiunto un componente non necessario, ovvero il programma. Non è un caso, infatti, che nella sua celebre recensione della Symphonie fantastique, il compositore tedesco si preoccupi per prima cosa di sviscerarla dal punto di vista formale, e solo in un secondo momento di citare il programma e il significato letterario attribuito all’opera da Berlioz, trattandolo come un elemento superfluo. Per Schumann “l’ascoltatore non vuole essere guidato così grossolanamente”, e ritiene presuntuoso l’atto del compositore di offuscare la libera veduta e interpretazione dell’ascoltatore. La sua critica è alla sfacciataggine di Berlioz nell’esplicitare quasi volgarmente tutti i sentimenti, nero su bianco sul programma, come se la musica non fosse capace da sola di esprimere e raccontare.
Secondo Liszt, invece, la musica a programma è ciò che più riesce a rappresentare il desiderio romantico di liberazione dai limiti della forma classica sinfonica, e la Symphonie fantastique è il prodotto più significativo dell’innovazione e del progresso in musica. Ed è proprio questo ideale che Liszt ricercherà nei suoi successivi poemi sinfonici (l’esempio più celebre di musica a programma), il tendere dell’arte verso la vita per non accontentarsi del puro equilibrio formale fine a se stesso.
Symphonie fantastique, episodi della vita di un’artista in 5 parti per orchestra, op.14
La vita di Berlioz fu quella di un autentico romantico, volta all’abbandono totale di se stesso in preda alla violenza delle passioni. Nel programma della Symphonie fantastique le vicende di un giovane artista in balia di emozioni ed eccessi si intrecciano con gli episodi della vita reale del compositore, nel tentativo autobiografico di raggiungere la massima intenzione romantica: fondere (e confondere) la vita nell’arte e l’arte nella vita.
La Symphonie fantastique vede le sue origini nell’instabilità emotiva di Berlioz, causata dall’amore non corrisposto dell’attrice Harriet Smithson, di cui lui si innamora dopo averla vista recitare nei panni di Ofelia in una rappresentazione parigina dell’Amleto di Shakespeare. La figura di Harriet diventa ben presto una vera e propria ossessione per Berlioz, il quale guidato da questa tormentata “idée fixe” trova ispirazione per comporre la sinfonia.
L’articolazione in cinque tempi è un rimando alla Sinfonia No.6 “Pastorale” di Beethoven (idolo e modello creativo per Berlioz), che a partire dal titolo vede un primo timido esempio di inserimento di contenuti extramusicali all’interno della musica sinfonica. Nella Sinfonia Pastorale, infatti, ognuno dei cinque movimenti riporta all’inizio una breve intestazione, quasi un suggerimento, per permettere all’ascoltatore di immaginare l’atmosfera agreste e bucolica presupposta dal compositore.
L’idée fixe è ciò che lega i cinque movimenti della Symphonie fantastique, è la visione di Harriet che muta agli occhi dell’artista nel corso della sinfonia. Si traduce in musica in una melodia sempre riconoscibile anche se variata ogni volta che compare, quasi un’anticipazione del leitmotiv wagneriano. L’intera sinfonia si presenta grazie ad essa in una forma ciclica, in cui Harriet è l’elemento ricorrente sempre presente nelle vicende della vita dell’artista, ovvero i cinque tempi di cui l’opera è composta.
Prima parte: Sogni, passioni
L’autore suppone che un giovane musicista, affetto da quel male morale che uno scrittore celebre chiama “vague des passion”, scorga per la prima volta una donna che riunisce tutti i fascini dell’essere ideale sognato dalla sua immaginazione, e se ne innamora perdutamente. Per un’insolita bizzarria, l’immagine dell’amata non si presenta mai allo spirito dell’artista se non legata a un pensiero musicale, nel quale egli ritrova un certo carattere appassionato, ma nobile e timido come quello ch’egli attribuisce alla persona amata. Tale riflesso melodico e il suo modello lo perseguitano senza posa come una doppia idea fissa. Donde l’apparizione costante, in tutti i pezzi della sinfonia, della melodia che dà inizio al primo Allegro. Il passaggio da tale stato di malinconica disposizione al sogno, interrotto da qualche accesso di gioia senza motivo, a quello d’una passione delirante, con i suoi moti di furore, di gelosia, i ritorni di tenerezza, le lacrime, le consolazioni della fede, è l’argomento del primo brano.
Estratto dal programma della Symphonie fantastique
Il “vague des passion” è il sentimento descritto dal celebre scrittore Chateaubriand, e che corrisponde a uno stato d’animo che precede lo sviluppo delle passioni, quando l’oggetto desiderato è ancora vago, e le emozioni non possono far altro che esercitarsi sul concetto di desiderio stesso. Un “male morale” perfettamente in linea con la trasposizione musicale della visione di Harriet in questa prima parte. L’idée fixe, infatti, non compare subito: l’introduzione della sinfonia è affidata a una romanza lenta, strutturata su due variazioni su tema con intermezzi liberi, composta da Berlioz dieci anni prima della Symphonie fantastique. La romanza, quasi malinconica, introduce l’ascoltatore alla ricerca dell’artista di qualcosa che desidera ma ancora non è in grado di identificare e conoscere.
Nell’aria si percepisce già il profumo di Harriet, ma bisognerà aspettare l’Allegro prima che lei decida di mostrarsi. L’idée fixe qui suona dolce e calda, è affidata alla morbidezza del suono del flauto all’unisono con i primi violini dal carattere molto legato. La melodia di Harriet è accompagnata da brevi interventi omoritmici degli altri archi, che si susseguono sempre più frenetici e che rappresentano i battiti del cuore dell’artista che accelerano alla presenza dell’amata.
Schumann nella sua recensione giudica troppo banale la melodia principale (quella dell’idée fixe), ma d’altronde sono proprio le melodie più semplici quelle che rimangono impresse nella testa dell’ascoltatore quasi come un tormento, come un’idea monotona e delirante, che nel caso specifico della Symphonie fantastique rappresenta Harriet, l’ossessione di Berlioz.
Seconda parte: Un Ballo
L’artista è condotto attraverso le circostanze più diverse della vita, in mezzo al tumulto d’una festa, nella pacifica contemplazione delle bellezze della natura; ma ovunque, in città, nei campi, l’immagine cara viene a presentarglisi turbandone l’animo.
Estratto dal programma della Symphonie fantastique
La seconda parte è un valzer dal carattere scorrevole, una danza elegante ma con qualche parvenza rurale, sottolineata dalle armonie molto semplici di natura cadenzale. L’idée fixe si insinua silenziosamente nel clima di festa, lentamente e con calma. È nuovamente il flauto a proporla, questa volta acquisendo un timbro più scuro e definito perché all’unisono prima con l’oboe e poi con il clarinetto, strumenti più consoni e tradizionali in una festa contadina piuttosto che i violini.
Terza parte: Scena nei campi
Una sera, trovandosi in campagna, egli ode da lontano due pastori che si scambiano un ranz des vaches; questo duo pastorale, il luogo, il leggero brusio degli alberi dolcemente agitati dal vento, alcuni motivi di speranza che egli ha concepito da poco, tutto concorre a rendere al suo cuore una calma insolita e a dare alle sue idee un colore più lieto. Riflette sulla sua solitudine; spera presto di non dover essere più solo… Ma se ella lo tradisse!… Questa miscela di speranza e timore, queste idee di felicità turbate da alcuni neri presentimenti, formano l’argomento dell’Adagio. Alla fine uno dei pastori riprende il ranz des vaches; l’altro non gli replica più… Rumore lontano di tuono… solitudine… silenzio…
Estratto dal programma della Symphonie fantastique
L’eco dei pastori è un gioco sonoro affidato alla famiglia degli oboi. Il dialogo avviene tra il corno inglese che chiama e il primo oboe fuori scena che risponde. Nel silenzio della sala risuonano le ance doppie: la voce più scura, affermativa, è vicina al pubblico e rappresenta la proposta d’amore di Berlioz, il suono più acuto dell’oboe invece arriva da dietro le quinte, è la voce lontana di Harriet, talmente flebile che l’artista riesce a malapena a udirla. Al termine del dialogo tra i due strumenti sopraggiunge una melodia dolcissima, che un po’ ricorda la sonorità della prima immagine di Harriet in “Sogni, passioni”, perché anche questa volta proposta da flauto e violini primi all’unisono.
In questa terza parte l’idée fixe è paranoica, proposta dall’unisono tra flauto e oboe (il primo ormai costante e il secondo che ha appena dato voce a Harriet nel dialogo tra i pastori), ma punteggiata da suoni dall’effetto dissonante e oscuro provenienti dalle scale discendenti degli archi scuri raddoppiati dai fagotti e successivamente anche dagli archi chiari in una tessitura grave. Le scale si sviluppano poi in note ribattute e abbellimenti rapidissimi ascendenti, come dei fulmini nel sereno del canto di Harriet. L’idée fixe oscilla tra ricordi di dolcezza e presentimenti terribili: “e se lei lo tradisse?”.
La “Scena nei campi” si conclude come era iniziata: il corno inglese chiama, ma questa volta l’oboe non risponde più. Il sospetto era fondato: Harriet non è più lì, al posto della sua voce si sente solo il rullato dei timpani sempre più insistente: è il temporale che si avvicina.
Quarta parte: Marcia al supplizio
Raggiunta la certezza che il suo amore sia respinto, l’artista si avvelena con l’oppio. La dose del narcotico, troppo debole per dargli la morte, lo piomba in un sonno accompagnato dalle visioni più orribili. Sogna d’aver ucciso l’amata, d’esser condannato, condotto al supplizio, e d’assistere alla sua stessa esecuzione. Il corteo s’avanza al suono di una marcia ora cupa e selvaggia, ora brillante e solenne, in cui un sordo rumore di passi pesanti succede d’improvviso alle esplosioni più violente. Alla fine della marcia, le prime quattro misure dell’idée fixe tornano, come un ultimo pensiero d’amore interrotto dal colpo fatale.
Estratto dal programma della Symphonie fantastique
Si dice che le ultime due parti della Symphonie fantastique siano la descrizione di un’allucinazione realmente vissuta da Berlioz mentre era sotto effetto dell’oppio. La fusione tra arte e vita si legge chiaramente nel programma.
In questa quarta parte, la nobiltà e la timidezza di Harriet non sono più nemmeno un ricordo: ora lei è morta, e Berlioz, da spettatore alla sua stessa vicenda, viene accompagnato al patibolo. Il carattere della marcia è talvolta trionfante, perché l’artista si è liberato della sua ossessione, e talvolta terribile, perché nello stesso tempo ha ucciso il suo amore. Un attimo prima della morte, l’artista ricorda per un’ultima volta di Harriet: l’idée fixe è solo un accenno esposto dal clarinetto (che già aveva rappresentato la donna amata nelle parti precedenti e che è un’anticipazione della sua forma nel successiva quinta parte), interrotto brutalmente dalla ghigliottina.
Quinta parte: Sogno di una notte del Sabba
Egli si vede al Sabba, in mezzo a una schiera orribile d’ombre, di mostri d’ogni sorta riuniti per le sue esequie. Strani rumori, gemiti, scoppi di risa, grida lontane cui paiono rispondere altre grida. La melodia amata ricompare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e timidezza; non è più che un ignobile motivo di danza, triviale e grottesco; è lei che giunge al Sabba… Ruggito di gioia al suo arrivo… Ella si mesce all’orgia diabolica… Rintocchi funebri, parodia grottesca del Dies irae. Ronda del Sabba. La ronda del Sabba e il Dies irae insieme.
Estratto dal programma della Symphonie fantastique
La quinta parte si apre in un’atmosfera infernale: tremoli su note acutissime di violini e viole divisi, scale ascendenti dei bassi che sembrano emergere dall’oltretomba, note staccate con il chiodo che evocano un tintinnio spettrale, glissati di flauti e ottavino come dei soffi di vento spezzati.
In questo clima desolato compare l’idée fixe: Harriet quasi irriconoscibile che trascina l’artista nel sabba. La melodia è esposta dal clarinetto piccolo in mi bemolle (probabilmente la sua prima apparizione in un organico orchestrale), contornata da trilli e acciaccature che ne deformano l’identità. È il risultato della ricerca del grottesco, accentuato anche dall’accompagnamento delle rapide quartine di arpeggi dei fagotti, strumenti che per natura in quella figurazione risultano goffi e sgraziati.
L’immagine di Harriet si deforma, così come il sacro scivola gradualmente nel profano. Il Dies irae gregoriano diventa l’inno di una messa nera, e si intreccia magistralmente con la ronda del Sabba nella doppia fuga finale abilmente gestita da Berlioz. La natura polimorfa che si viene a creare in questa coincidenza degli opposti è la definizione più chiara e lampante di ironia romantica in musica.
L’orchestra di Berlioz
Nella sua vita, Berlioz non si dedicò mai allo studio di un qualche strumento musicale, ad eccezione di uno, l’unico che imparò a conoscere a fondo e in cui eccelse più di ogni altro compositore del suo tempo: l’orchestra.
Difatti, oltre che immaginare la sua musica per un organico composto da più del doppio degli elementi che in quegli anni erano soliti in teatro, il risultato della sua ricerca è un’eccezionale innovazione del parametro timbrico. La sua tendenza a usare gli strumenti nei loro registri più estremi e il recupero di altri caduti in disuso (come ad esempio l’arpa, molto rara nella musica orchestrale, di cui Berlioz fa largo impiego in “Un ballo”), conferisce alla sua musica delle sonorità mai udite prima, audaci ma intense, bizzarre ma attraenti, complice la capacita del compositore di spaziare da un suono straordinariamente dolce (vedi “Scena nei campi”) a uno potente e terribile (vedi “Sogno di una notte del Sabba”).
Il timbro, priorità della sua musica, diventa lo strumento per raggiungere la libera espressione musicale, per evadere dalle imposizioni e dalle regole del classicismo. La perfezione della sua scrittura è ciò che lega Berlioz al genio romantico: la creatività spontanea che coincide con la padronanza degli strumenti tecnici.
Hector Berlioz: l’artista romantico
Dopo una semplice analisi della Symphonie fantastique siamo riusciti ad apprendere più cose su Berlioz di quante ne avremmo potute leggere nella più attenta delle biografie. Di questo non dobbiamo essere sorpresi, ma anzi, è esattamente la prova tangibile di ciò di cui parlavamo all’inizio di questo articolo, ovvero il risultato a cui tutti gli artisti romantici aspirano: fondere la vita nell’arte e viceversa l’arte nella vita.
Hector Berlioz è il prototipo perfetto dell’artista romantico: in lui l’animo del ribelle non si manifesta solo negli episodi della vita, ma è anche il cuore pulsante della sua opera. La sua musica parla per lui, lo descrive e rappresenta in ogni aspetto, e lui al contempo è la manifestazione concreta della sua arte. Nella Symphonie fantastique, compositore e composizione si fondono nella stessa entità, e comunicano la loro unione al pubblico attraverso il programma.
Arte e artista si vedono reciprocamente in uno specchio: la Symphonie fantastique è il riflesso di Berlioz veicolato dal potere espressivo della musica, l’unico genere artistico capace di creare questa armonia tra l’uomo e la sua opera, grazie alla capacità intrinseca di raggiungere zone della coscienza e dello spirito inaccessibili agli altri linguaggi.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sinfonia_fantastica
https://www.arateacultura.com/
Abstract:
Dal tramonto del classicismo sorge in piena contrapposizione l’ideale romantico di passione ed esternazione di forti emozioni, il cui frutto più ribelle e appassionato è la Symphonie fantastique del compositore francese Hector Berlioz. In quest’opera, la musica è l’immagine sonora dei cinque episodi della vita dell’artista alla ricerca della amata descritti nel programma, una novità che inaugura un nuovo genere musicale che è la perfetta sintesi dell’ideale romantico di fusione tra arte e vita.