Psicologia,  Storia e Società

La nascita di un’idea – l’evolversi della creatività

Di Linda Barberis

Fotografia di Paolo Mandelli

Vi siete mai chiesti perché un’idea brillante venga spesso rappresentata da una lampadina accesa?  Si potrebbe pensare alla sensazione che accompagna l’arrivo di un’intuizione come l’abbaglio di una luce che d’un tratto ci coglie. Furono, invece, le foto di Edison con in mano una lampadina, il padre di questa rivoluzionaria invenzione, a porre le basi dell’associazione idea-lampadina. L’immagine venne successivamente riproposta e diffusa nel fumetto del gatto Felix oppure con Edi – non a caso diminutivo di Edison – l’aiutante a forma di lampadina dell’inventore di Paperopoli, Archimede Pitagorico. A pochi anni dalla sua invenzione la piccola ampolla luminosa, un oggetto così semplice ma così innovativo, divenne il simbolo delle idee visionarie.

Dalle associazioni remote all’intuizione: il processo creativo

L’intuizione, l’illuminazione dell’idea geniale è, però, solo apparentemente improvvisa. La ricerca in campo psicologico concettualizza la nascita di un’idea come frutto del meccanismo di assemblaggio tra elementi preesistenti attraverso nuove combinazioni. Un’abilità propria di coloro

«capaci di riconoscere, tra pensieri e oggetti, nuove connessioni che portano a innovazioni e a cambiamenti» (Galimberti, 2018).

Si tratta di sapersi svincolare dalla convenzionale interpretazione della realtà per ricongiungere tra loro aspetti che sembrano avere poco in comune formando nessi inediti, le cosiddette “associazioni remote” (Cai et al., 2009).

Quindi, a quella che sembrerebbe una folgorazione immediata sottostanno meccanismi in cui si ritrova quel carattere magico della mente che intreccia gli elementi più disparati tramite dinamiche ancora in parte sconosciute: quel che accade nel cosiddetto “processo creativo”.

Creatività in stato embrionale

L’origine di questo processo risiede nella vita di tutti i giorni. Tutto quel vi è immagazzinato nella nostra mente – il risveglio di questa mattina, l’energia trasmessaci dall’ultima persona incontrata, l’atmosfera della stanza in cui siamo, i nostri assillanti desideri e preoccupazioni, le emozioni sedimentate nel ventre dei ricordi – diventa il materiale primario su cui il pensiero si crea e attinge per evolvere.

Nel tempo, gli elementi che transitano nelle nostre vite si intrecciano in labirintici e inspiegabili legami. Tutto ciò a nostra insaputa. Viene coinvolto un processo di elaborazione implicita per cui le grandi idee necessitano inevitabilmente di un tempo di incubazione per crearsi e crescere silenziosamente, come in uno stato embrionale.  

La mente integrativa: una prospettiva psicodinamica

Sulle orme del pensiero freudiano, la mente è il luogo dove ogni elemento si trova immagazzinato sotto forma di materiale inconscio – mosso dalle pulsioni più primitive e irrazionali che influenzano altamente la vita del soggetto attraverso quello che Freud chiama processo primario – oppure restando vivido e facilmente riesumabile dalla consapevolezza del qui e ora, conscio grazie al processo secondario dominato dal ragionamento e dai nessi logici del pensiero razionale.

Rifacendosi a questi assunti, lo psicoanalista Silvano Arieti esprime il suo pensiero rispetto a come dalla mente può nascere “il nuovo parlando di processo terziario:

«Il processo terziario, con forme e meccanismi specifici, amalgama i due mondi della mente e della materia, e, in molti casi, il razionale con l’irrazionale. Invece di rifiutare ciò che è primitivo…la mente creativa lo integra con i processi logici normali in ciò che sembra una sintesi magica dalla quale emerge il nuovo, l’inaspettato e l’auspicabile» (Arieti et al., 1990).

Per Arieti, l’individuo capace di produrre creatività straordinaria conserva una possibilità più grande della media di accesso al materiale inconscio, ovvero a tutti quegli elementi che risiedono dormienti nel sottofondo della nostra consapevolezza.

Tra creatività e sensibilità

Sempre secondo Arieti, il contatto con quel che è lontano dell’immediato riesumarsi richiede una quantità superiore alla media di passività ricettiva: una sorta di temperamento calmo ma accorto della mente che consente al materiale inconscio di emergere a livello della consapevolezza, sotto forma di abbaglio improvviso.

Pertanto la creatività si traduce in un’elevata sensibilità, non solo verso gli stimoli esterni che offre l’ambiente, ma soprattutto verso le stimolazioni prodotte dalla spinta di quelli che sono i nostri desideri, inclinazioni e passioni i quali determinano le aree verso cui la nostra creatività si dirigerà. 

Una persona creativa, avendo un filtro percettivo più facilmente influenzabile rispetto alla norma, recepisce un alto numero di input sensoriali ed è in grado di combinarli attingendo a processi di pensiero associativi e non lineari in qualcosa di nuovo (Zabelina et al., 2015).

Nella mente dei bambini: dove la realtà si trasforma

Dove meglio cercare la creatività se non nella mente di un bambino?

Guidati dell’immaginazione, i bambini prediligono uno stile di pensiero che favorisce l’attività creativa dal momento in cui non si trova ancora strutturato in categorie concettuali definite. Galimberti, nelle sue divulgazioni, ricorda il principio di non contraddizione come l’assunto base della ragione umana: un oggetto è uguale a sé stesso e non altro. Ma nel bambino, per fortuna, è ancora la fantasia a vincere sulla ragione.

L’invenzione creativa tipica dell’infanzia si individua in quel che Piaget (Piaget, 2000; Piaget et al., 2013) chiama gioco simbolico in cui la realtà perde il suo carattere oggettivo e, grazie a un gioco di immagini e percezioni, assume nuovi modi di esistere: uno scolapasta può diventare un elmo per combattere, una riga da disegno un’arma impropria, il muro di casa un’enorme tela da disegno. Ma «Se le informazioni sono fissate troppo rigidamente nella memoria, c’è meno spazio per le associazioni inattese» (Small, 2021).

Gli schemi mentali precedentemente appresi tanto più sono rigidi e radicati nel nostro stile di pensiero tanto più ostacoleranno un’osservazione aperta e flessibile della realtà che ci circonda. Secondo la corrente psicologica della Gestalt, solo quando queste “fissazioni funzionali” andranno incontro a una ristrutturazione del loro network potrà emergere l’insight.

Creatività: quando e perché

Da qui si comprende come la matrice creativa delle idee più originali necessiti di determinate condizioni per attivarsi. Per permettere al pensiero di seguire un flusso di libere associazioni è necessario eliminare ogni tipo di costrizione, eccessiva strutturazione o pressione a produrre. Lo sforzo volontario produce paradossalmente un effetto di inibizione rispetto al naturale processo metabolico dell’atto creativo. Il filosofo e psicologo contemporaneo Daniel Dennet parla di competenze senza comprensionesottolineando come nelle attività creative il pensiero cosciente sia decisamente meno efficace di quello che resta inafferrabile dalla lucidità della logica.

Lo stesso “effetto Eureka”, la scoperta, il riconoscimento improvviso di una relazione causa-effetto prima passata inosservata rispetto a una questione che stavamo cercando di risolvere da tempo, nasce al momento in cui l’attenzione si distoglie dal focus del problema, il che consente agli schemi di conoscenze apprese di ricombinarsi in base alle nostre necessità e far emergere l’insight (Salvi et al., 2016).

Secondo il pensiero dello psicologo Giorgio Nardone, la soluzione per implementare la qualità del nostro pensiero creativo consisterebbe nell’ «Attivare razionalmente un percorso irrazionale che amplifichi il nostro percepire piuttosto che il nostro comprendere» (Nardone, 2019).

L’approccio creativo per attecchire necessita di una dimensione contemplativa della mente che lasci spazio alle innumerevoli forme del sentire, al loro libero gioco di intrecci che genereranno altrettante vie di espressione.

Nella frenesia contemporanea l’otium – termine latino che indica un tempo vuoto, privo di produttività concreta ma dedito al miglioramento personale e quindi in sé benefico – merita di tornare a occupare il posto che gli spetta, di ripresentarsi nella quotidianità dell’uomo di oggi come una delle più importanti postille nella lista delle cose da fare, essere ancor più che una pausa che si desidera a metà della settimana lavorativa, un momento da reclamare, come un diritto.

Creatività come processo attivo

Parlando in termini evolutivi, il pensiero creativo rappresenta una qualità essenziale per la nostra sopravvivenza. Il cervello umano si è sviluppato al fine di risolvere le situazioni problematiche in maniera funzionale e quindi creativa, adottando metodi che permettessero la migliore risoluzione sfruttando ciò di cui si dispone.

Di fronte a un nuovo problema abbiamo due possibilità tra cui scegliere: cercare di applicare soluzioni che in passato si sono rivelate vincenti – che spesso non risultano adatte alla situazione del momento -, oppure strutturate nuovi piani d’azione in cui le risorse disponibili vengono utilizzate in modi sempre differenti, verificando la combinazione più efficace per la risoluzione del problema.

Per fare questo diventa, però, necessario un cambio di prospettiva: accantonare l’idea del naturale agire della mente al di la della consapevolezza per considerare la creatività come un atteggiamento attivo e strutturato, teso al miglioramento, allo sviluppo portato dal “think outside the box” e dalle strategie di problem solving.

Trovare la domanda

Innanzitutto, un’idea creativa portatrice d’innovazione ha bisogno, per nascere, del terreno fertile di una mente che ricerca, esplora e dubita. È necessario, quindi, ancor più che scoprire la risposta a cui nessuno è mai arrivato, trovare la domanda che mai nessuno si è posto.           

Ma perché gli interrogativi emergano, deve entrare in gioco anche la sensibilità dell’occhio che li coglie, uno sguardo bisognoso di scoperta, capace di mettere a fuoco l’intravisto e di “osservare le cose familiari come se fossero sconosciute” (Gordon, 1961).

La personalità creativa   

Con personalità creativa si intende una combinazione di tratti complessa e in sé duale per cui ogni aspetto è spesso accompagnato dalla sua antitesi, il che la rende ricca e multiforme (Rhodes, 1987). Facendo un esempio, secondo gli studi di Martinsen (2011), a guidare una personalità creativa non è altro che una spasmodica curiosità e un’ampia flessibilità di pensiero. Allo stesso tempo l’apertura al nuovo si ripresenta in direzione opposta secondo una complementare contraddizione: nella tendenza all’introspezione e in un carattere prevalentemente introverso e a tratti asociale. L’alta permeabilità del sistema percettivo e l’acuta sensibilità inducono nella persona creativa una vulnerabilità emotiva che comporta frequenti sbalzi d’umore, a cui si contrappone la grande autonomia e la fermezza decisionale mostrate nei momenti di bisogno.

I creativi combinano la dimensione giocosa e la scarsa inibizione propria del loro modo di essere con la disciplina, la motivazione e la perseveranza che dedicano alle loro attività; abitano l’immaginazione, senza mai perdere di vista gli obiettivi concreti della realtà; hanno capacità d’adattamento e riescono a conformarsi alle situazioni nuove dimostrandosi però unici nelle loro versatilità e sono tanto critici ed esigenti verso sé stessi e gli altri, quanto autocompiacenti ed empatici.

La dualità della creatività nel pensiero divergente e convergente

Da queste caratteristiche possiamo dedurre che, sebbene sia ampiamente condivisa l’idea per cui essere creativi significhi lasciarsi trasportare dai propri moti pulsionali abbandonando ogni tipo di razionalità, non significa che sia un fenomeno privo di regolarità. L’espressione della creatività si accompagna, infatti, a un approccio multi-logico che, ancora una volta, consiste in una dualità.

Secondo lo psicologo statunitense Joy Paul Guilford (1967), ogni creazione è il frutto della combinazione di un tipo di pensiero flessibile ed esplorativo definito divergente e del pensiero convergente che permette di trovare la migliore sintesi tra originalità e fattibilità.

A guidare il processo creativo è la dialettica tra, da una parte, il versante sensibile del pensiero divergente, in cui la mente è libera di seguire le vie della percezione non filtrata, di esplorare il campo delle possibilità, di addentrarsi nell’immaginazione ed esprimersi senza censure. Si tratta di una prima fase in cui si porta alla destrutturazione dei dati immediati del problema per esplorare le associazioni possibili, anche quelle più bizzarre. Dall’altra una fase più analitica, cosciente e volontaria propria del pensiero convergente, grazie al quale la minuziosa scrematura e valutazione tra la miriade di scelte potenziali prodotte dal pensiero divergente permetterà di trovare l’opzione più adatta al problema, non solo in termini di innovazione ma anche di adattabilità.

Per concludere: la tanto selvaggia creatività esige il metodo, un processo tanto strutturato quanto in sé multiforme e mutevole e per questo così affascinante ma così sfuggevole al controllo della mente umana.


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Bibliografia:

Arieti, S., Bacciagaluppi, M., & Bacciagaluppi Mazza, M. (1990). Creativita: La sintesi magica. Il pensiero scientifico.

Cai, D. J., Mednick, S. A., Harrison, E. M., Kanady, J. C., & Mednick, S. C. (2009). REM, not incubation, improves creativity by priming associative networks. Proceedings of the National Academy of Sciences, 106(25), 10130–10134. https://doi.org/10.1073/pnas.0900271106

Galimberti, U. (2018). Nuovo dizionario di psicologia: Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze. Feltrinelli.

Gordon, W. J. J. (1961). Synectics. Harper and Row Publishers.

Guilford, J. P. (1967). The nature of human intelligence. McGraw-Hill.

Martinsen, Ø. L. (2011). The creative personality: A synthesis and development of the creative person profile. Creativity Research Journal, 23(3), 185–202. https://doi.org/10.1080/10400419.2011.595656

Nardone, G. (2019). Creare dal nulla. 274, 52,53.

Piaget, J. (2000). Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia. Einaudi.

Piaget, J., Petter, G., & Villaroel, M. (2013). La rappresentazione del mondo nel fanciullo. Bollati Boringhieri.

Rhodes, M. (1987). An analysis of creativity. Frontiers of creativity research: Beyond the basics, 216–222.

Salvi, C., Bricolo, E., Kounios, J., Bowden, E., & Beeman, M. (2016). Insight solutions are correct more often than analytic solutions. Thinking & Reasoning, 22(4), 443–460. https://doi.org/10.1080/13546783.2016.1141798

Small, S. A. (2021). Forgetting. Crown.

Zabelina, D. L., O’Leary, D., Pornpattananangkul, N., Nusslock, R., & Beeman, M. (2015). Creativity and sensory gating indexed by the P50: Selective versus leaky sensory gating in divergent thinkers and creative achievers. Neuropsychologia, 69, 77–84. https://doi.org/10.1016/j.neuropsychologia.2015.01.034

Sitografia:

https://www.treccani.it/vocabolario/creativita/

https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/otium/

https://angolopsicologia.com/linsight-come-soluzione-dei-problemi/

https://www.pedagogia.it/blog/2016/07/13/educare-alla-creativita/


Linda Barberis

Redattrice in psicologia