Premi Letterari,  Premio Campiello

” LA FOGLIA DI FICO” DI ANTONIO PASCALE- PREMIO CAMPIELLO 2022

“Io non faccio mai le presentazioni tradizionali”. Così Antonio Pascale, autore de “La foglia di fico”, inizia praticamente tutte le sue interviste e presentazioni di libri. Il perché, oltre alla paura (dichiarata) di annoiare il pubblico e il rapporto singolare che Pascale ha sviluppato con questo tipo di iniziative ( famoso l’aneddoto in cui , recatosi a Sessa Aurunca per la presentazione di un suo libro, il presentatore dell’evento sbagliò scrittore, presentando l’opera di un altro Antonio Pascale,  omonimo e concittadino dell’autore napoletano) , lo si comprende perfettamente leggendo l’opera con la quale concorre al Premio Campiello 2022: come fare una presentazione tradizionale per un libro che di tradizionale non ha assolutamente nulla? Eh, sì, perché l’ultimo scritto di Pascale è un mix tra scienze naturali e filosofia, passando per l’antropologia e la religione, per approdare infine alla psicologia, lasciando il lettore in uno stato di spaesamento e fascinazione che raramente, quando si parla di libri, vanno a braccetto.

Le scienze della natura come bussola

La foglia di fico” si presenta come una raccolta di 10 racconti, dove il narratore, Pascale stesso, narra di vari episodi (fittizi e non) avvenuti nei suoi 56 anni vita, a cui seguono riflessioni e considerazioni presenti e passate, sulla natura dell’uomo.  Se si può dire che il tema non giunga nuovo alle orecchie dei lettori, nuovo e non convenzionale è sicuramente il metodo con il quale l’autore mette in scena i propri racconti, servendosi delle scienze naturali, e della botanica in particolare, per illustrare un quadro completo di quelle che a parer suo sono i punti di forza, le debolezze e i vizi dell’umanità. In un mondo che cambia, si evolve e si complica, Pascale decide di parlarci della natura umana “tornando alle origini”, utilizzando le piante come filtro attraverso il quale osservare l’uomo nella sua forma più pura, mettendo in luce come esse “[…] racchiudono simboli millenari, essenziali, nitidi […]” ( Antonio Pascale, “La foglia di fico“, Einaudi Editore, Torino, 2021) e come “…siano uno strumento d’eccezione per affrontare la nostra misteriosa, divertente, intricata natura, somigliando a noi più di quanto avremmo mai creduto” (ibidem).  

Una “botanica dei sentimenti”: quando la foglia di fico non nasconde.

Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono le foglie di fico e se ne fecero cinture

Genesi 3, 1-7

Questo è ciò che ci viene detto nel libro della Genesi riguardo all’albero di fico, una pianta connessa al peccato originale (è plausibile che la famosa mela che Eva da mangiare ad Adamo non fosse affatto una mela, ma proprio un fico), utilizzata dai due progenitori del genere umano per coprire, per nascondere ciò che a loro procurava vergogna. Pascale, mutua l’immagine della foglia di fico proprio dalla Genesi, ma servendosene in modo esattamente contrario: se nelle Sacre Scritture essa serve a occultare e a non mostrare ciò di cui ci si vergogna, nel libro dell’autore napoletano essa serve a evidenziare e a puntare l’attenzione proprio su ciò che si vuole nascondere e che provoca più turbamento, come paure, fissazioni e traumi, qui presentati allegoricamente attraverso vari tipi di piante. In questa particolare ottica, ad esempio, il cactus diventa il simbolo dell’uomo che, in un mondo che cambia, si trincera dietro convinzioni e sicurezze fittizie (le spine), non accorgendosi che, nonostante pensi di essere al sicuro, il mondo in cui vive troverà prima o poi il modo di farsi strada nel suo piccolo labile microcosmo (proprio come le spine del cactus, anche se non sembra, assorbono l’acqua contenuta nell’ aria e nella nebbia che le circondano); Il ciliegio, poi,è per Pascale il simbolo dell’impermanenza, per molti motivo di instabilità e ansia, qui vista però nella sua accezione più positiva (“[…] capisci  che tutte le cose per cui hai sofferto sono morte[…]” ) (ivi, p.216) , soprattutto quando si parla d’amore ( “Prova a immaginare che tutto morirà, che quella persona morirà, prova e vedrai che ti camberà la percezione , non temi la perdita perchè, se tutto finisce, finisce  anche il possesso[…]”) (ivi, p.216). Tra curoistà botaniche, lezioni di antropologia ed esperimenti scientifici, Pascale riesce a resistuire un quadro completo della psiche umana, servendosi di una scrittura nodosa, a tratti confusa e nevrotica, come solo il ricordo del passato può essere, e lasciando al lettore la libertà di interrogarsi sul proprio ruolo nella società , nel mondo e, soprattutto, in quella natura che negli ultimi anni è sempre più in pericolo e meno tutelata.

Bibliografia:

Antonio Pascale, “La foglia di fico”, Einaudi Editore, Torino, 2021

Sitografia:

https://bct.comperio.it/

https://www.youtube.com/user/bctvideo

https://www.arateacultura.com/

Benedetta Ricaboni

Redattrice di Letteratura