Musica e Teatro,  Rubrica - Alla Scala

L’eccezionale Recital di Juan Diego Flórez al Teatro alla Scala

Juan Diego Flórez e Vincenzo Scalera
Juan Diego Flórez e Vincenzo Scalera

Chi mercoledì 18 maggio si è lasciato sfuggire il Recital di Juan Diego Flórez al Teatro alla Scala non può nemmeno immaginare quanto rimpiangerà questo momento per l’intera sua vita. Assistere a serate di simile qualità è un evento molto raro, possibile solo quando tutti gli elementi che danno vita a un concerto si combinano fra loro alla perfezione, plasmando un’armonia che ha del miracoloso. L’eccezionale bravura di Flórez, l’ottimo accompagnamento pianistico di Vincenzo Scalera, il Teatro alla Scala tutto esaurito, un pubblico attento e appassionato sono gli ingredienti che hanno decretato il trionfo della serata, conclusasi sulla soglia dell’uscita artisti del Teatro con un bagno di folla che ha travolto di applausi il cantante.

Juan Diego Flórez

Non ha bisogno di presentazioni, perché – senza nessun eccesso di lodi – è il miglior tenore che si possa sperare di ascoltare ai giorni nostri. Di nazionalità peruviana, ma formatosi al Curtis Institute of Music di Philadelphia, Flórez ha esordito nella scena lirica internazionale a soli ventitré anni al Rossini Opera Festival di Pesaro, e pochi mesi dopo ha debuttato in Scala diretto da Riccardo Muti in occasione dell’inaugurazione della stagione 1996-97, dando il via a una gloriosa carriera.

Il legame di lunga data con il Teatro alla Scala, incastonato di numerosi successi, gli ha riservato fin dal principio una trepidante accoglienza per il suo recital solistico, il cui programma ha spaziato da Gluck fino a Puccini. Famoso e acclamato per le sue interpretazioni nei ruoli belcantistici, il repertorio di Flórez però non si limita solo all’agilità e al virtuosismo, ma negli ultimi anni si sta ampliando verso orizzonti lirici verdiani e pucciniani.

Il programma della serata

Il programma della serata
Il programma della serata

Per questo concerto Flórez ha scelto un programma dolcissimo, cucito addosso ai punti di forza della sua voce. È così che le arie di Bellini fanno risaltare un meraviglioso legato, da Rossini emerge l’articolazione precisa e controllata, le arie da salotto di Tosti mettono in luce la grande attenzione per il fraseggio e la naturale musicalità.

Voce sempre delicata, ma luminosa e sicura nelle numerose note acute disseminate per tutto il programma. Dotato di un’innata espressività vocale e nei gesti, il coinvolgimento emotivo è favorito da una dizione impeccabile, che ha scandito ogni frase nella direzione musicale più consona, riuscendo a rendere interessante ogni minimo dettaglio delle partiture.

Tenero ed elegante, la selezione delle arie in cartellone ha messo l’ascoltatore nelle condizioni favorevoli per godere di Flórez a 360 gradi, e il biglietto del concerto si è trasformato in un lasciapassare verso il suo intimo mondo musicale. All’incirca un’ora e trenta di programma denso e impegnativo, che ha permesso a Flórez di collezionare decine di «Bravo!», provenienti da ogni altezza del Teatro: dalla platea fin su alle gallerie.

Ma proprio quando il languore scaligero stava per avere la meglio, corrompendo l’ascoltatore con l’idea della cena (il concerto è iniziato alle 20:00), è successo l’inimmaginabile: un’ora e venti di bis, dieci brani che hanno permesso al tenore peruviano di battere i record di Pavarotti e Carreras, in gara rispettivamente con sette e otto bis al termine dei loro storici recital.

Flórez alla chitarra

Juan Diego Flórez alla chitarra
Juan Diego Flórez alla chitarra

Le porte del Teatro alla Scala si sono chiuse solo dopo le ventitré, e dal tasso di incredulità misurabile sui volti del pubblico del Piermarini non è possibile fare una stima di quanti anni serviranno per smaltire l’overdose di lirica che ha sbalordito la sala.

Per i primi bis, Flórez non è rientrato in scena assieme al pianista, bensì da solo e con in mano una chitarra. «Sapete perché ho scelto di accompagnarmi con la chitarra?», ha chiesto al pubblico, «Perché così finalmente posso sedermi», ha scherzato, prima di regalare agli ascoltatori una struggente canzone napoletana, Core ‘ngrato, per poi confessare che quando porta la chitarra in palcoscenico si lascia ispirare dal momento per decidere cosa eseguire. All’affermazione: «Ora vorrei fare qualcosa di latino», il Teatro ha sussultato di gioia, d’altronde chi meglio di lui può interpretare le canzoni popolari della sua terra?

Júrame, Piel canela, Cucurrucucú paloma, ma è quando ha attaccato la famosa Guantanamera che in Scala è successa una cosa mai vista. Flórez ha fatto segno al pubblico di proseguire, e in risposta la sala ha iniziato a cantare – dapprima con qualche titubanza, ma poi con crescente entusiasmo – le parole ispirate dal poeta cubano José Martí. Momenti che accadono ai concerti di musica moderna quando le rockstar rivolgono il microfono alla platea, con la divertente differenza che il coro scaligero era intonato, perfettamente a tempo e qualcuno ha avuto anche l’ardire di armonizzare.

Il fermento incontenibile ha portato i fan più scatenati a chiedere a gran voce delle canzoni in particolare, ma qualcuno dalla galleria, contrariato dal baccano della sala, ha urlato: «No! Non siamo allo stadio!».

Il repertorio dei bis

E proprio quando il concerto sembrava finito, con il pubblico soddisfatto dai meravigliosi bis, ecco che Juan Diego è tornato sul palcoscenico insieme al pianista, per deliziare gli ascoltatori con alcuni estratti dal repertorio classico.

Flórez è un uomo dall’intelligenza musicale straordinaria, che emerge dalle sue performance e trova conferma nella sua carica di direttore artistico del Rossini Opera Festival, infatti, nei confronti di arie famose e bellissime ma non precisamente calzanti alla sua voce, se ne guarda bene dall’inserirle in programma.

Allo stesso tempo, però, è un po’ ruffiano, e non riesce a fare a meno degli applausi scroscianti che inevitabilmente seguono queste arie. Che gelida manina da La bohème, La donna è mobile da Rigoletto, Granada di Agustín Lara, Nessun dorma da Turandot, repertorio lontano dai suoi cavalli di battaglia, ma perfetto per dei bis, in cui non è necessario essere impeccabili, bensì lasciare il proprio segno nel pubblico.

Intervento insolito

Durante l’esecuzione di Nessun dorma un altro colpo di scena ha sorpreso il pubblico scaligero: nel momento in cui in partitura è segnato l’ingresso del coro di donne fuori scena – ovviamente non presente nella serata di mercoledì –, una ragazza in sala, probabilmente una studentessa di canto, ha intonato in piena voce la parte dei soprani, aggiudicandosi un sorriso complice di Juan Diego e lo stupore di tutto il Teatro, impaziente di individuarla tra i palchi.

Un episodio simile era successo alcuni mesi fa anche al soprano Lisette Oropesa nel suo recital a Praga, quando durante l’esecuzione del bis Sempre libera da Traviata ha sentito arrivare la voce di un Alfredo improvvisato tra il pubblico, anche in questo caso un bravo studente di canto.

Circostanze anomale per la musica classica, ma questo è forse il segno che il mondo dell’opera si sta rilassando un pochino? Il loggionista indignato ha ragione nel dire che non siamo allo stadio, però dal cimitero degli elefanti alla curva sud ci sono diversi gradi di compromesso a cui si può anelare, senza intaccare il sacro conservatorismo accademico, ma senza nemmeno precludere uno sguardo più fresco verso i concerti lirici.

Un concerto difficile da dimenticare

Come mai non tutti i cantanti d’opera possono permettersi un recital solistico? Anche se negli ultimi anni alcuni teatri sembrano averlo dimenticato, l’opera non si fa in palcoscenico, bensì la mente è nella buca: il direttore d’orchestra detta legge, mentre il cantante è un virtuoso strumentista della sua voce, che riesce a raggiungere il suo massimo splendore grazie alle indicazioni del Maestro.

Il caso di Flórez, eccezionale cantante e meraviglioso musicista, è invece l’esempio perfetto di artista completo, che del palcoscenico può farne ciò che vuole, senza mai correre il rischio di risultare inadeguato.

Nella serata di mercoledì 18 maggio, al termine di un concerto durato quasi tre ore, l’atmosfera scaligera ne è uscita sconvolta, grata per aver ascoltato il concerto della vita, ma anche più consapevole di cosa vuol dire fare musica ed essere un musicista, perché non è da tutti scatenare la forza vitale imprigionata nel pubblico, e Juan Diego Flórez ci è riuscito alla perfezione.


https://www.juandiegoflorez.com/

https://www.teatroallascala.org/it/index.html

https://www.arateacultura.com/category/musica-e-teatro/alla-scala/

Francesca Benesso

Redattrice in Musica e Teatro