Knockin’on Oscar’s Door 2025? Il biopic musicale con Timothée Chalamet nei panni di un giovane Bob Dylan
I Jeans, gli occhiali neri e i ricci di Timothée Chalamet in sella a una Triumph Bonneville sono un piacevole amarcord degli scatti di un giovane Bob Dylan scorrazzante per le strade di New York. “A Complete Unknown” di James Mangold seduce proprio per questi convincenti e curati fermoimmagine che ci catapultano nei primissimi Sessanta dove il nostro eroe, poco più che ventenne, armato di voce, armonica e chitarra esce in fretta dall’anonimato che evoca il titolo per diventare un talento riconosciuto del movimento folk.
Il biopic musicale del regista, che già si è cimentato col genere in Walk the Line (2005), racconto basato sulla storia di un giovane Johnny Cash e della sua tormentata storia d’amore con June Carter, e che ha esordito nei Novanta con Dolly’s Restaurant (1995), Cop Land (1997) e Girl Interrupted (1999) – già, quello che vede l’ottima performance di due giovanissime Angelina Jolie e Winona Ryder –, copre un arco temporale piuttosto ridotto. Si tratta, infatti, dei quattro anni della vita di Bob che dalla prima visita al suo idolo Woody Guthrie al New Jersey Hospital scorrono di scena in scena fino a un mese prima della pubblicazione di Highway 61 Revisited, album che segna definitivamente la virata elettrica di Dylan, ovvero la consacrazione internazionale del menestrello del Minnesota, ma anche il tradimento di quel folk duro e puro che il pubblico del Newport Festival del 1965 non gli perdona.
Timothée si conferma all’altezza di un ruolo così iconico e potenzialmente scivoloso, sia per la capacità di mimesi attoriale che per la delicatezza nella voce che presta alle covers delle canzoni di Dylan (va segnalata anche la qualità e piacevolezza del cantato che imita quello di Joan Baez, ruolo affidato a una notevole Monica Barbaro). Non è la voce inconfondibile di Bob, ma la scelta non penalizza il film, anzi. Con questa soluzione l’attenzione si focalizza sulle intuizioni melodiche, sui testi e sulle atmosfere live riprodotte con discreta accuratezza e il film assume la forma di un lungo concerto che cuce la narrazione con le note senza risultare stonato.
Lo stesso Bob ha mostrato il suo entusiasmo per il golden boy franco-americano, scrivendo su X: “C’è un film su di me che uscirà a breve, intitolato A Complete Unknown (che titolo!). Timothée Chalamet è il protagonista. Timmy è un attore brillante, quindi sono sicuro che sarà assolutamente credibile nei miei panni. O un me più giovane. O un altro me stesso. Il film è tratto da Dylan Goes Electric di Elijah Wald, un libro uscito nel 2015. È un fantastico racconto degli eventi dei primi anni ’60 che hanno portato al fiasco di Newport. Dopo aver visto il film leggete il libro”. Un Oscar al miglior attore sarebbe sicuramente un riconoscimento meritato per una breve quanto straordinaria carriera del nostro Elio (Chalamet in Chiamami col tuo nome n.d.r), qui alla seconda nomination.
Quindi può A Complete Unknown essere il miglior film agli Oscar 2025?
La risposta hollywoodiana prevederebbe che sì, sia un buon candidato, vuoi per il genere di gran moda (solo da inizio anno si aggiungono al listone dei biopic musicali anche Maria di Pablo Larraín e Better Man, diretto da Michael Gracey), vuoi per il semplice fatto che ha sicuramente retto l’aspettativa, anche quella un po’ prevenuta dei filologi di Dylan. Ampio spazio è dato alla musica, cosa non scontata nelle licenze su cui spesso indugia e inciampa il genere.
Eppure, a questo film dal bel titolo manca qualcosa. Un guizzo, un’idea che narrativamente buchi lo schermo in maniera un po’ più profonda della spolverata di triangolo amoroso Dylan-Sylvie-Baez o delle altre linee di racconto sfiorate: il rapporto con il maestro Guthrie e il paterno Pete Seeger o, ancora, il percorso di esplorazione di nuove frontiere oltre al folk. Non convince del tutto la costruzione del mistero che avvolge le origini di Dylan, ovvero la sua fatica a svelarsi e raccontarsi, che affiora carsico in diverse scene, ma rimane un tema sospeso, senza grandi rivelazioni o quantomeno evoluzioni.
In definitiva un film godibilissimo, ben recitato e con una ricerca sulla colonna sonora apprezzabile, ma quanto davvero aggiunge ai video delle esibizioni live originali che riproduce con sapienza di colori? Può funzionare una volta, con It Ain’t Me, Babe ad esempio, ma per le restanti rimane una sensazione di lungo tributo ben confezionato, ovvero di una lunga sequenza di perfetti fermoimmagine, nel complesso non così travolgente e trascinante, che per racconto della giovane musica di Bob, menestrello che trascina in un grido all’unisono le folle, è forse un po’ un peccato.
Bob Dylan e il paradosso di A Complete Unknown – La Balena Bianca
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