Attualità,  Storia e Società

Eccezionale, ergo insignificante. Il paradosso dell’informazione su larga scala.

di Fabio Altadonna

Dal gossip…

All’interno del nostro ambiente lavorativo, nella nostra cerchia di amici, nel bar che siamo soliti frequentare e di cui ormai la clientela ci sembra familiare, tra gli argomenti “pour parler” il gossip ricopre senza ombra di dubbio una posizione importante. Elucubrazioni sulle vicende amorose del collega, derisioni verso l’atteggiamento buffo adottato in qualche particolare circostanza da quel conoscente. Metodi volti, sì ad avere una scusa per intavolare una leggera conversazione, ma anche, e soprattutto, espedienti adottati per estraniarsi da quella monotonia che sovente ci attanaglia. Ognuno può dire la sua, ognuno, mediante il gossip, può mettere in campo le sue qualità creative, logiche, analitiche, critiche, per motivare o indagare questa o quella vicenda. Uno storytelling crudo e semplice, tra i più antichi della nostra specie. Ma per “gossippare” non basta una fervida immaginazione. Sono necessari dei “fatti”, degli avvenimenti eccezionali, nel senso letterale del termine, i quali, appunto, si discostano dalla normalità per permettere i più variopinti commenti. «Il cane che morde l’uomo non fa notizia… ma l’uomo che morde il cane sì»1. La notizia quindi, nel contesto trattato, è per definizione statisticamente irrilevante. Non è rilevante che un particolare collega abbia una vita amorosa travagliata, rispetto a tutti gli altri dipendenti che invece godono di storie “normali” e non è rilevante la volta in cui un uomo morde un cane rispetto alle volte in cui avviene il contrario. Eppure, tali fatti, proprio in virtù della loro particolarità, emergono, stimolando e sollecitando la nostra immaginazione.

… Alla cronaca

Operando un cambiamento di scala significativo, dalle dinamiche proprie di contesti personali si può passare a quelle registrate nella cronaca nazionale. Se si vuole documentare, o meglio, raccontare, un crimine legato a un omicidio, a una rapina o a uno stupro, di nuovo, il fatto deve godere di una certa eccezionalità. Coloro che subiscono il racconto devono essere coinvolti emotivamente dalla vicenda, devono essere attratti non per l’importanza che essa ricopre nella vita sociale o personale della popolazione, quanto invece, per la narrazione, per la poetica e per il coinvolgimento emotivo che essa riesce a far scaturire nel fruitore. Quanto più è eccezionale il fatto, tanto più è semplice costruire un “romanzo” attorno a esso. Laddove è necessario si può sempre mettere il carico: raccontare la biografia del malcapitato o malcapitata, raccontarne gli ultimi minuti, gli ultimi giorni, gli ultimi dialoghi. Instaurare un rapporto parasociale con la vittima.

Sebbene l’atteggiamento possa apparire freddo, cinico e distaccato è necessario rendersi conto di come questo genere di narrazione possa essere nocivo, specialmente nel presente periodo storico, in cui risulta sempre più difficile tracciare un confine che divide ciò che è informazione da ciò che è intrattenimento.


Problemi etici…

La cronaca porta a dei risvolti eticamente dubbi. Coloro che sono legati alla vittima, o la vittima stessa, potrebbero dissentire nel vedere una vicenda privata trasformarsi in vicenda di dominio pubblico.
Inoltre è necessario rendersi conto di un’importante considerazione: non è, per ovvie ragioni, il fruitore a filtrare l’intera totalità delle notizie di cronaca nera e “scegliere” la vittima verso la quale riversare il suo affetto, in base ai criteri personali che egli stesso riterrà opportuni. Le vittime verso cui stringersi in cordoglio vengono esposte in pubblica piazza dai media solamente sulla base della loro appetibilità come fenomeno spettacolarizzabile, lasciando un cimitero invisibile di vittime dimenticate per la sola ragione di essere vittime “come tante altre”.


… E pragmatici.

Esistono anche motivi pragmatici per cui è bene approcciare con occhio critico questo genere di cronaca. Primo fra tutti la dissonanza cognitiva, la quale sedimenta una dicotomia tra la nostra percezione sulla rilevanza di un fenomeno e la sua magnitudo reale. Venendo continuamente esposti a fatti eccezionali si finisce col credere che essi siano in realtà fatti rientranti nella norma. La dissonanza è particolarmente significativa, in quanto, essendo la linea editoriale decisa dalle singole riviste ove le notizie vengono pubblicate, una testata è assolutamente in grado di manipolare la percezione dei suoi utenti scegliendo il genere di fatti da propinare più frequentemente. Leggendo prima la rivista x e poi la rivista y potrebbe addirittura apparire che le due facciano riferimento a mondi diversi. Questo è un valido motivo per cui diversificare le proprie fonti di informazione.

Da considerarsi è inoltre il rischio di delegare l’esito di una sentenza a mezzo stampa.
È evidente come, per sua stessa natura, la cronaca goda di un’accessibilità da parte della cittadinanza estremamente più immediata rispetto alle istituzioni e alla magistratura. Ciò comporta l’instaurazione di inchieste private parallele, alimentate dai media nei loro spazi dedicati, che vengono sciorinate adottando strategie comunicative sensazionalistiche alimentando in maniera malsana lo spiacevole dibattito pubblico basato sull’emotività e sulla cosiddetta “pancia”. Non è raro assistere alla crocifissione di un presunto colpevole da parte della popolazione ancor prima della sentenza ufficiale. Il presunto reo può essere come può non essere da condannare, ma non spetta all’opinione pubblica decretare ciò, specialmente tenendo in considerazione come i criteri sui quali questa si esprime siano basati su informazioni parziali e narrazioni la cui causa finale è la sollecitazione di clamore. Il contesto odierno, inoltre, incentiva la “corsa al primo commento”, il lascito impulsivo di opinioni effimere e superficiali, le quali, venendo spesso esposte nei fori mediatici, sollevano sproporzionati polveroni.


Contesto e gradualità

L’aspetto centrale nella presente critica resta l’irrilevanza della notizia rispetto alla popolazione fruitrice. Ciò, come spesso si può constatare, è un problema di scala. La rilevanza della notizia è relativa a ogni cittadino e si può porre in termini assoluti esclusivamente isolandone la variabile territoriale. Un cittadino che legge, su un giornale locale, le vicende di un efferato criminale che si aggira nei dintorni della sua provincia attribuirà alla notizia una rilevanza ben diversa rispetto a un altro cittadino distante chilometri che legge la stessa identica descrizione.

La difesa di chi è favorevole alle tipologie di cronaca criticate nell’articolo è, spesso, legata a qualche forma di simbolismo e a tesi che inferiscono su base induttiva la deriva della società a partire da una notizia particolare. Il problema è che la deriva di una società non è mai basata su fatti particolari. La storia, al contrario, ci mostra come i grandi cambiamenti avvengano in maniera graduale. Persino La Presa della Bastiglia, per citare un caso eclatante, è frutto di un lento ma sempre più crescente disagio sociale.


Il paradosso dell’informazione

Dalla notizia di un brutale omicidio non è assolutamente inferibile nulla sullo stato della società italiana. Diverso sarebbe se di brutali omicidi ne venissero commessi molti, dove “molti”, descrive un numero che va sempre rapportato alla popolazione di riferimento (non è scopo dell’articolo indagare quale soglia possa essere ritenuta opportuna per etichettare un fenomeno come significativo). Ma allora, di nuovo, gli omicidi brutali avrebbero rilevanza statistica, non sarebbero eccezionali e, quindi, non farebbero notizia. Ed è per questo che si è di fronte a una situazione paradossale, nella quale più un problema è rilevante e meno esso è discusso.
Si potrebbe contro-obiettare il seguente ragionamento: si immagini che uno spropositato numero di delitti venga perpetrato nel corso di una relativamente breve finestra temporale. Ciò sarebbe senza alcun dubbio un fatto eccezionale e sarebbe quindi un’appetibile “notizia”. Sussisterebbe tuttavia una differenza sostanziale rispetto al caso del singolo omicidio. Nell’ultimo scenario la notizia verterebbe sulla sproporzionata mole di delitti e non sulla narrazione di un singolo caso particolare di violenza, che invece è l’archetipo di notizia soggetto alla presente critica.

Questioni antropologiche

Una, più valida, obiezione può imbastirsi sulla seguente premessa: alcuni casi di cronaca potrebbero sollevare interrogativi etici o riflessioni di cui ha senso discutere pubblicamente, nonostante la cittadinanza non sia, per i motivi esplicitati sopra, direttamente coinvolta dalla questione.
Potrebbero venir individuati vuoti legislativi o potrebbero scattare dilemmi morali tendenti a invalidare una norma già in vigore, per fornire un paio di esempi. L’esistenza di fatti degni di essere discussi può quindi costituire una valida premessa; si pone dunque il dilemma su quale sia il modo migliore di documentare tali vicende.
I media, intrinsecamente, hanno come obiettivo ultimo quello di acquisire visibilità. D’altra parte l’attenzione dei fruitori è più facilmente catturabile adottando il tipo di narrazione criticato precedentemente. La riflessione, quindi, è da porre nei seguenti termini, che richiamano una versione moderna della questione “è nato prima l’uovo o la gallina?”.

  1. Le grandi masse possono emanciparsi per scremare la cronaca criticata e dare visibilità unicamente alla cronaca che, semplificando, si può definire “valida”?
    È la corrente esposizione a narrazioni sensazionalistiche che ci rende “ottusi” oppure la nostra è una tendenza ontologica preesistente che viene, razionalmente, sfruttata dai media?
  2. Vale la pena rischiare la deriva sensazionalistica unicamente per quei pochi casi di cui può aver senso trattare pubblicamente?

Rispondere a tali domande, e in particolare alla prima, è tutt’altro che immediato e non è compito dell’articolo. È altresì importantissimo circoscrivere il più possibile la questione e individuare quali siano i nuclei che stanno alla base di ogni dilemma di questo genere.

In conclusione, dilemmi etici a parte, prima di chiudersi in casa pensando di essere a rischio scippo dopo aver letto decine di notizie su furti a mano armata è meglio fare i conti con la consapevolezza che per noi, al momento, il problema più significativo potrebbe essere non riuscire a trovare un parcheggio comodo vicino alla nostra destinazione.


1 frase attribuita a John Bogart, redattore del “New York Sun”

https://www.nytimes.com/1921/11/18/archives/john-b-bogart-dies-veteran-journalist-city-editor-of-the-sun-from.html

https://www.arateacultura.com

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