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In cerca di Pan, di Filippo Tuena – Premio Campiello 2023

di Nicola Vavassori

Sfogliare In cerca di Pan prima di leggerlo è disorientante. Prosa, poesia, disegni, opere d’arte si combinano tra le pagine dell’ultima opera di Filippo Tuena senza schemi prestabiliti, come il canto di un aedo che improvvisa attingendo alle varie branche del suo sapere e sviluppandole in orizzontale. Il diorama che ne deriva è quanto di più lontano si possa immaginare dai classici romanzi contemporanei ispirati alle vicende del mito, ma al contempo distante anche dai saggi di religioni classiche. “Il tentativo di scrivere un romanzo”, lo definisce Tuena “E al contempo di non scriverlo”. Distanziarsi dai canoni tradizionali, insomma, ma senza perdere la rotta del letterario.

In cerca di Pan

Il risultato è un’opera che restituisce le atmosfere del mito classico nella sua trasversalità: la figura di Pan, uno dei pochi dei che ha conosciuto la morte, non è univoca, ma si intreccia con l’iconografia, l’astrologia, il teatro. Le interpretazioni che la riguardano non possono essere soddisfacenti e ogni volta che si ha l’impressione di afferrarne una, le altre sfuggono, perdono consistenza. Il mosaico si compone di disparati racconti, sul modello delle Metamorfosi di Ovidio e cerca di dare forma alla complessità e alla vastità tipica del mondo greco. Così il mito di Pan si dirama ad approfondire ad esempio gli schemata iconografici della figura di Andromeda, la triplice natura della dea Artemide, piuttosto che, nel contemporaneo, le Metamorfosi musicali di Richard Strauss

Tuena, d’altronde, è uno scrittore eclettico. Critico d’arte, autore teatrale e musicista, nel corso della sua carriera ha approfondito la conoscenza di tutte e 9 le muse. Non importa se si tratti di raccontare gli ultimi anni della vita di Schumann attraverso il confronto dei suoi brani più iconici con quelli di Brahms (come in Memoriali sul caso Schumann, Il Saggiatore, 2015), oppure di accompagnare la spedizione di Robert Scott Falcon al Polo Sud grazie ai suoi diari (come in Ultimo Parallelo, Il Saggiatore 2021), o ancora di reinterpretare un’opera teatrale Shakespeariana (come in Come è trascorsa la notte: Il sogno, Il Saggiatore 2017): Tuena trova sempre una chiave artistica originale per le sue narrazioni.

Per “In cerca di Pan” (Nottetempo 2023), Tuena sceglie un viaggio per mare, da Brindisi a Costanza, lo stesso compiuto da Ovidio per raggiungere il luogo del suo esilio, ma in senso inverso rispetto alla vita di Pan, che secondo alcuni termina a Paxos.

“Dunque ci aspettiamo che costeggiando l’isola di Paxos si finisca per solcare mari che conducano al tempo anteriore, a quello che precedeva il messaggio funebre, al tempo della presenza vitale di Pan, al mondo di satiri e ninfe dominati da quella divinità e cantati dal poeta.”

Il dio dalle sembianze caprine è appassionato di musica (suona il flauto che da lui prende il nome) ed è noto per la sua propensione a provocare paura improvvisa nei viandanti solitari attraverso il suo ululato nelle foreste (da cui la parola “panico”); incarna le pulsioni ferali dell’uomo, in particolare quelle legate alla sessualità, e, proprio come un essere umano, conosce la morte: i proverbiali eros e thanatos che rappresentano il dualismo della vita. In questo è particolarmente affine al più celebre Dioniso, dio del vino e della follia, che in origine veniva concepito come una divinità ctonia, dal nome di Zagreo. E proprio come Zagreo risorge in Dioniso dopo essere stato divorato dai titani, così anche Pan sembra tornare in vita nel viaggio al contrario di Tuena, che parte dalla sua morte e si ricongiunge alle radici dell’immaginario da cui deriva.

La nave è proteiforme e atemporale – a volte sembra uno yacht, altre somiglia più a una trireme – e ospita diversi passeggeri. Per primo c’è l’autore stesso che immagina di condividere il viaggio con i suoi personaggi, così come aveva fatto per la spedizione di Scott, e si colloca in mezzo a loro portando con sé il “bagaglio” delle opere che a scritto. Controparte di Tuena è un poeta che sembrerebbe essere lo stesso Ovidio, diretto in esilio, che ogni sera recita componimenti in versi agli altri passeggeri, sul ponte della nave che gli fa da teatro. Tra gli altri passeggeri spicca una donna, che non ascolta il cantare del poeta, ma se lo fa ripetere nella propria suite da qualcuno sempre diverso, mentre si gode un bagno caldo. Come la Ludmilla di Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore, la donna della vasca da bagno è il filtro del lettore e ascolta racconti di secondo grado, come se tutte le storie del mondo fossero state scritte apposta per lei.

Il viaggio tocca alcune tra le mete principali della mitologia greca – il santuario di Delfi, il tempio di Artemide Brauronia – e ciascuno di questi luoghi galleggia senza tempo in un mondo antico che sembra non aver mai smesso di esistere. Attraverso l’esperienza del luogo, i passeggeri che lo esplorano – avventurosi e collettivi come i compagni di Odisseo – entrano in contatto con essenze misteriose, che si ritrovano soltanto nelle leggende: la pigrizia dei lotofagi a Mikonos, la follia di Dioniso a Katakolo, e via dicendo.

Come l’Iliade, l’opera di Tuena si conclude con un funerale, lo stesso che viene presagito fin dalle prime pagine, quello di Pan. E così, nel silenzio dei secoli e delle onde, il dio Pan riposa, la sua melodia si è spenta, ma la sua presenza continua a danzare nei pensieri di coloro che hanno viaggiato con lui, come un’eco eterna del mito.

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