Letteratura

Il manga come nuova frontiera della letteratura

Un articolo di Giulia Weyler

Quante volte capita di sentir dire, dai genitori o da coetanei distanti dal mondo dei manga e degli anime, che questi non sono altro che storie “per bambini”, dalle animazioni accelerate e daidisegni “strani”? Il pregiudizio da sfatare è riconducibile a un’opinione già consolidatasi alla fine del Novecento, come indagava allora il critico Vittorio Spinazzola in Critica della lettura. Tuttavia, oggi molto è cambiato. Da prodotto inizialmente di nicchia, considerato indegno di essere venduto tramite librerie, i manga stanno pian piano colonizzando sempre più scaffali negli store delle grandi case editrici. Diventa pertanto attuale indagare il motivo di questo cambiamento e le modalità con cui è avvenuto, per poter finalmente riconoscere la forte componente di letterarietà presente all’interno del genere.

Negli ultimi anni il mercato editoriale dei manga si è espanso notevolmente in Occidente e l’Italia non è certo esclusa dal fenomeno. È proprio l’editoria italiana, infatti, ad avere il primato indiscusso in Europa per quanto riguarda la quantità di manga pubblicati; sono circa 1400 i titoli tradotti a partire dagli anni Settanta a oggi. È peraltro ormai un dato di fatto che il successo complessivo delle fiere del fumetto supera quello di qualsiasi altro Paese occidentale: l’affluenza degli appassionati di manga e anime è massiccia, specie per eventi quali il Lucca Comics & Games, il Romics e la Milano Games Week. 

Nel giro di pochi anni il macro-genere del fumetto ha proliferato ancor di più, complice anche la pandemia, che ha portato molte persone a riscoprire la lettura: secondo le fonti dell’Ansa nel 2021 le vendite sarebbero infatti triplicate. La lettura dei manga si è talmente diffusa da rendere la loro presenza costante nelle classifiche di vendita settimanali, complici anche i prezzi mediamente più bassi rispetto alle graphic novel, i comics e i libri. Significativo in questo senso è notare come il volume 98 di One Piece si sia classificato nel 2021 come libro più venduto in Italia, secondo quanto riporta l’inserto «Tuttolibri» de «La Stampa». Il dato, di per sé senza precedenti, è da contestualizzare all’interno di un sempre più pullulante ecosistema che sta pian piano prosperando. All’interno della classifica dei 10 libri più venduti nel 2021 campeggiano anche Dragon Ball Super (volume 14) al terzo posto e Tokyo Revengers (volume 6) al settimo. 

Così come nell’anno precedente, anche nel 2022 le vendite dei manga aumentano, crescendo del 7,6%. Sebbene nel 2023, dopo l’incremento esponenziale degli anni precedenti, si sia registrato un rallentamento, con un assestamento al ribasso delle vendite dei manga (e con essi anche dei graphic novel), in calo del 20,6%, il dato viene interpretato da Caterina Marietti, co-fondatrice e CEO di Bao Publishing, non già come una diminuzione dell’interesse da parte dei lettori. A giocare un fattore decisivo sarebbe l’aumento dei costi, più alto che per altri settori, componente che ha influito anche sul prezzo di copertina e che, di conseguenza, ha ridotto il potere di acquisto dei lettori. Le previsioni per il 2024, tuttavia, sono favorevoli. Quest’anno, infatti, le più grandi case editrici di manga in Italia quali Planet Manga, Star Comics e J-pop si apprestano a lanciare titoli molto attesi dal pubblico affezionato, cosa che potrebbe portare a un nuovo incremento di copie acquistate. Nonostante quindi il recente calo, si può nell’insieme constatare come il mercato del fumetto, e con esso del manga, sia diventato sempre più presente all’interno del sistema editoriale nostrano.

Interessante poi, è soffermarsi sul pubblico del settore: i dati di AIE rilevano che questo sia prima di tutto maschile, sebbene si registri una crescita nell’affluenza anche di lettrici. Rispetto ai lettori di libri i fruitori di manga e fumetti sono solitamente più giovani, con interessi culturali più variegati e con titoli di studio più elevati. L’Associazione Italiana Editori, infatti, registra anche una crescita del 98% per quanto riguarda i laureati che leggono assiduamente fumetti. Non solo: il pubblico che gravita attorno al genere è spiccatamente meno occasionale rispetto a quello del libro e legge più di frequente. Se l’11% della popolazione è infatti definito un “lettore forte” di libri (identificato in una persona che legge almeno 12 libri all’anno), la percentuale registrata per i lettori di fumetto è del 32%.

Il dato porta la riflessione a un gradino successivo della riflessione. All’inizio degli anni Novanta, come già si ricordava,in Critica della lettura, Vittorio Spinazzola indicava i fumetti fra «i prodotti meno accreditati esteticamente agli occhi dei ceti intellettuali, che li escludono senz’altro dalla dimensione letteraria e li considerano pura volgarità evasiva». A giocare a loro svantaggio a quell’altezza cronologica era senz’altro il retaggio ancora vivo di una serie di condizionamenti che, nei decenni precedenti, avevano favorito ma al tempo stesso anche fortemente circoscritto l’affermazione del genere. A cominciare dal canale di distribuzione, ossia le edicole e le cartolibrerie, per arrivare alla percepita specificità del pubblico dei destinatari elettivi. Questi erano cioè i lettori di acculturazione più bassa, «alle frontiere dell’analfabetismo» o per altro verso i bambini e i ragazzi, lettori dunque ancora agli stadi iniziali della loro formazione. Non solo: la dimensione visiva del fumetto pare a prima vista esaltare una tendenza a una «rappresentazione aconcettuale, tipica di tutta la narrativa popolare, sempre puntata sugli effetti di suggestione emotiva piuttosto che di persuasione argomentata».

Oggi però (eviterei la ripetizione) i tipi di destinatari sono cambiati, dal momento che mostrano di avere, per la loro istruzione, competenze di lettura ben più sofisticate. Ciò che vale la pena sottolineare è che all’interno del genere del fumetto, e più specificatamente del manga, è ormai presente un florido ecosistema di proposte differenti per intenti, ambizioni estetiche, livelli di complessità. Sono molte le opere che potrebbero essere citate, come capaci di schiudere ai propri fruitori un’esperienza estetica complessa e ricca, di qualità innegabile: tra le tante, sicuramente L’Attacco dei Giganti è un caso che vale la pena citare, vista la sua recente conclusione. Molti altri manga potrebbero essere presi in considerazione – dai modelli ormai datati e riconosciuti oggettivamente validi dalla critica, come Evangelion, a prodotti più recenti, quali Death Note o Fullmetal Alchemist. Certo, al loro interno non mancano una serie di dispositivi, narrativi e grafici, tipici della narrativa popolare, come gli elementi di drammatizzazione esasperata o l’uso di un linguaggio spesso infarcito di termini colloquiali. D’altra parte, non può essere ignorata la forte carica di problematizzazione che nel corso di tutta la narrazione sfida il lettore a mettere in dubbio le proprie presupposizioni e presunte certezze, anche rispetto a tematiche e questioni etiche di una certa rilevanza. Anche da un punto di vista strutturale tali opere colpiscono per una cura e una maestria compositiva che sollecitano nel lettore un apprezzamento specifico per le loro qualità tecniche, che si sente in qualche modo chiamato a riconoscere e interpretare. 

In questo senso, opere di questo calibro possono essere lette come l’ennesima riprova che i tempi sono ormai maturi per considerare finalmente anche i fumetti e i manga, a tutti gli effetti, parti integranti della letteratura. Perno fondamentale del discorso diviene a questo punto la riflessione sui confini attuali di ciò che la critica considera «paraletteratura» – una nozione che, come di nuovo Spinazzola ci aiuta a chiarire, non ha e non può aspirare ad avere alcun fondamento ontologico:

non indica cioè qualità specifiche, intrinseche dell’oggetto letterario considerato, tali per cui il loro accertamento possa aver luogo una e una sola volta, restando poi per sempre inalterato. […]

La paraletteratura viene indicata come tale solo in obbedienza a criteri di gusto e di valore, storicamente, socialmente, culturalmente determinati: e per ciò stesso mutevoli da un’epoca all’altra. In effetti la casistica delle opere a volta a volta innalzate o depresse dai ranghi superiori agli infimi della canonicità letteraria è notoriamente abbondantissima ed eloquentissima.

Manga come quelli sopracitati sembrano poter esemplificare con particolare incisività le ragioni per cui tale genere non può più essere etichettato né come paraletteratura né come letteratura marginale, tanto per i più recenti dati relativi al suo pubblico elettivo, quanto per le sue caratteristiche strutturali. Come suggerisce ancora una volta Spinazzola, è compito di quella parte della critica interessata a ritrovare il senso delle sue funzioni sensibilizzarsi a favore di quelle opere che estendono l’area di rappresentazione letteraria, fino ad includervi una somma di dati prima ignorati poiché ritenuti indegni di assunzione «nell’empireo di discorsi esteticamente connotati». Questa rubrica vuole essere un tentativo di corrispondere a tale esigenza attraverso l’indagine serrata di opere e di tecniche in esse presenti che mostrano i punti di forza di un genere emergente come quello del manga, e che spiegano, peraltro, il motivo per cui è sempre più letto. 

Proprio come è già accaduto con il romanzo alle soglie della modernità, adesso anche il fumetto sta via via insorgendo dal basso. Forte del sostegno del fertile terreno popolare in cui si è formato, dimensione in cui prendono corpo esigenze ancora non codificate letterariamente, sta scalando man mano gli ordinamenti delle gerarchie estetico-letterarie. Le grandi rotture della continuità letteraria hanno luogo proprio a partire da un mutamento nei criteri di percezione dell’esistenza e implicano un ricambio dell’idea di letteratura comunemente invalsa. 

Ancora una volta Spinazzola ci giunge in aiuto per provocare un’ulteriore breccia nelle mura del pregiudizio critico, ricordando che tutta «la lettura letteraria assolve sempre anche una funzione ludica». Ciò che continua a essere oggetto di perplessità, almeno presso la parte più tradizionale del pubblico della letterarietà, è difatti la possibilità che il manga sia in grado di assolvere anche a una funzione riflessiva. Attraverso le trame avvincenti in cui il lettore si immedesima, il manga è capace di veicolare riflessioni potenti tramite un universo narrativo spesso distante e che, tuttavia, è in grado di farsi metafora della contemporaneità.

Nato come «il modo migliore per raggiungere le masse», nel corso del Novecento il manga è stato via via riconosciuto dalla critica giapponese non solo come genere degno di essere analizzato criticamente ma anche di essere studiato e insegnato nelle università giapponesi proprio perché in grado di rappresentare le memorie, l’arte e il pensiero culturale del Paese. Se in Italia si è ben lungi dall’approdare allo stesso livello di riconoscimento che in Giappone è tributato al genere da più di trent’anni, si potrebbe quanto meno abbandonare le residue riserve e diffidenze e approdare a una rinnovata rivalutazione, se non di tutto il sistema, quantomeno di tutte quelle opere che dimostrano di possedere qualità e valori letterari.