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Giustizia, Resistenza, Famiglia: il fenomeno brasiliano “Io sono ancora qui” di Walter Salles sbarca agli Oscar 2025

di Federico Proverbio

Io sono ancora qui”, l’ultimo film di Walter Salles, si presenta agli Oscar 2025 con un curriculum di tutto rispetto, anzi, si potrebbe dire davvero invidiabile. Tratta dall’omonimo libro di memorie di Marcelo Rubens Paiva e adattata per il grande schermo da Murilo Hauser e Heitor Lorega, la pellicola ha ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura al festival “Venezia81”. Fernanda Torres, poi, ha vinto ai Golden Globes per la migliore interpretazione femminile in un film drammatico.

Tralasciando le altre numerose candidature che non gli hanno portato un premio, è bene spendere qualche parola per i due riconoscimenti ottenuti. La sceneggiatura e l’interpretazione di Fernanda Torres sono infatti i punti di forza di “Io sono ancora qui”. 

Il regista Walter Salles e la sua troupe decidono di raccontare la storia senza troppi guizzi e intrecci complicati. Il film scorre in modo lineare e mette in fila i fatti narrati in ordine cronologico. Scelta comprensibile, dato il fulcro di tutto l’impianto. “Io sono ancora qui” non parla della dittatura militare vissuta dal Brasile nei primi anni Settanta, o almeno non solo e non come ce lo si aspetterebbe. La dittatura nel film c’è, è ben descritta ed esplorata, ma ciò avviene esclusivamente perché essa si insinua nella vita della famiglia Paiva. L’intento è quindi chiaro: mostrare come un potere così tentacolare, inquadrante, violento, sia in grado di penetrare nelle mura di una casa di una qualsiasi famiglia, di stravolgerne l’idillio e di lasciare un segno indelebile. E qui si innesta la scelta della linearità del racconto, che permette a questi temi di emergere con vigore.

La pellicola inizia proprio coinvolgendoci nella quotidianità di casa Paiva, fatta di giornate in spiaggia, cene con amici e musica. Questa prima sequenza funziona molto bene nell’ottica di far affezionare lo spettatore al quadro di serenità presentatogli. Sono due gli elementi che stonano con questa armonia: la prima è il posto di blocco in cui si imbatte la figlia maggiore di Rubens ed Eunice, Veroca, che insieme ad alcuni amici vivono attimi di paura durante la perquisizione dei militari; il secondo è l’attività nascosta dello stesso Rubens, architetto ed ex parlamentare di sinistra, che cerca di dare supporto ad alcuni dissidenti politici. È proprio per queste relazioni segrete con persone bisognose di aiuto a causa della persecuzione delle autorità che il quieto vivere della famiglia Paiva si spezza. Rubens, un giorno, viene portato via da alcuni agenti per un interrogatorio e non fa più ritorno a casa. Anche Eunice e la secondogenita Eliana vengono portate via, e da qui in poi Fernanda Torres si prende la scena. Il suo personaggio vive alcuni giorni isolata in una cella, senza sapere nulla della sua famiglia. Una volta uscita, sa bene che dovrà combattere strenuamente per una resistenza necessaria.

La Torres riesce a reggere tutto il film, dalla scomparsa di Rubens in poi. Eunice comincia ad incarnare un ruolo che con coraggio deve essere svolto da qualcuno. Tra difficoltà economiche, traslochi, una famiglia da mantenere unita, non perde mai di vista l’obiettivo, ovvero il raggiungimento della verità.

Io sono ancora qui” è il racconto delle sofferenze aberranti che dovuto sopportare la sua protagonista, fatte di violenza fisica e mentale, di rinunce e di fatica. Ma è anche e soprattutto la storia di una figura forte, determinata, pura incarnazione di una resistenza composta da studio, battaglie mediatiche e legali.

È importante far presente che la vicenda di Rubens Paiva è realmente accaduta, e che Eunice Facciolla è stata davvero una figura conosciuta a livello nazionale e stimatissima per la sua attività a favore dei diritti umani, oltre che per la lotta portata avanti per conoscere la verità dietro la scomparsa del coniuge, conclusasi solamente nel 1996, quando lo stato brasiliano rilasciò l’attestato di morte ufficiale di Rubens. Non a caso il film in Brasile è stato un successo strabiliante, sia per la rilevanza, nelle coscienze brasiliane, della storia raccontata, sia per l’affetto riconosciuto all’iconica Torres. Il tutto unito alla figura di Walter Salles, molto acclamato in patria, e che, tra l’altro, ha anche voluto inserire un bel po’ di sé nel film. La sequenza iniziale citata prima è infatti ripresa dai ricordi dello stesso Salles, che è un amico intimo di Marcelo Rubens Paiva, figlio di Eunice e Rubens, e che quindi ha frequentato casa Paiva da bambino, condividendo con tutta la famiglia momenti di spensieratezza e di gioia sulla spiaggia di Copacabana.

Dunque, può “Io sono ancora qui” vincere come miglior film agli Oscar 2025? No, ma non perché non sia un ottimo film. Ci sono probabilmente dei candidati più forti, che hanno avuto un’eco mediatica e critica più ampia. Il lavoro di Salles, comunque, è candidato anche per la vittoria come miglior film internazionale. In questa categoria la partita sembra essere più aperta, anche se comunque la concorrenza rimane agguerrita. Infine, a dimostrare, ancora una volta, la caratura dell’interpretazione di Fernanda Torres, c’è anche la terza candidatura in questi Oscar, ovvero quella per la miglior attrice, categoria in cui la favoritissima è Demi Moore di “The Substance”. Mai dire mai.

In definitiva, “Io sono ancora qui” non offre mirabolanti guizzi e colpi di scena indimenticabili, com’è giusto che sia, e mette il medium cinematografico a completo servizio della storia, fortissima, che vuole raccontare. A prescindere da tutti i premi e da tutte le candidature, film di questo tipo possono (e devono) tenere vivi gli spiriti civici e critici. Film come questo ci insegnano a non dare nulla per scontato, oltre la retorica fine a se stessa. Il mondo in cui viviamo oggi è stata una conquista fatta di sacrifici e sforzi patiti da una miriade di persone in ogni dove, per questo dobbiamo prendercene cura rimanendo sempre vigili.


https://it.wikipedia.org/wiki/Walter_Salles
https://www.arateacultura.com/

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