Giulia Pini – Poesie
Giulia Pini, poetessa nonché ex redattrice di articoli di cinema, letteratura e filosofia per Aratea, dà sfogo alla tematica amorosa scegliendo di accentuarne l’aspetto tormentato e la confusione che genera, ma anche le conseguenze a volte estreme personificate nel noto personaggio shakespeariano di Ofelia attraverso la sua tragica fine. Ciò non vuol dire escludere un epilogo positivo come ci dimostra la poesia “Pianta crepuscolare” che commenteremo per ultima.
“Maledetto l’amore“, in francese “Maudit l’amour“, che confonde e tormenta i sogni della poetessa manifestandosi sotto forma di spettro. Infatti la poesia esordisce presentando lo smarrimento dell’Io narrante, vittima della condizione di ambiguità “d’un sogno che era vero” e della natura di questo sogno che rappresenta “la vita quando ancora poteva essere“, rivelando il carattere distruttivo dell’amore senza il quale la vita smette di essere vita. La vera questione è posta sul cadere della prima strofa: “sei tu quello vero o è l’altra, beffarda, che ti guarda dal fondo dello specchio?” e contiene un paradosso molto interessante ossia: il sogno, ovvero la vita che poteva essere, insieme alla vita che è, coesistono nell’immagine dello specchio e si riflettono a vicenda. Il racconto onirico prosegue con il richiamo mitologico ad una “Musa triste” incontrata in uno spazio fantastico fatto di “morgane” e “fate“. La Dea scova e scorta l’autrice dimostrandoci la funzione guida svolta dalla poesia. Solo durante il congedo del componimento appariranno gli “spettri“, cioè quelle possibilità che “ancora potevano essere” e che invece non sono state e non saranno mai; sono proprio loro a rendere quest’amore maledetto, ad invalidare la vita e a renderla impossibile. Il medesimo struggimento s’incarna nella vicenda di Ofelia, donna divisa tra il comportamento contraddittorio di Amleto e il rispetto dovuto alle raccomandazioni del padre e del fratello, situazione tanto contrastante da inferirle una “ferita mortale“. La poetessa immagina “una fine irreale e diversa” che possa far sfociare quell’ “oceano” di amore “mai nato“. Infine ritornano le figure spettrali dei fantasmi a tormentare l’ingenua fanciulla, la quale ritorna ad immaginare un “futuro di ricordi” potente ossimoro che ci riporta all’amore provato ma rimasto irrealizzato. Siamo arrivati all’ultima poesia dove, nel mezzo del passaggio dalla notte al giorno, la “pianta crepuscolare” protesa verso “rare bellezze” ma soprattutto “nefaste” – nocive, subisce una metamorfosi trasformandosi in “rosse fragole di primavera“, emblema dell’amore e della passione nascenti nella stagione più propizia.
Leggere Giulia Pini significa immergersi in alcune pieghe originali di quest’ampia e usitata tematica amorosa, affrontata tramite lo sguardo personale dell’autrice ed il suo canto lirico intensamente coinvolgente.
Maudit l’amour
T’ho sognato,
t’ho sognato d’un sogno che era vero
E al sogno, nel sogno, chiedevo
“tu somigli alla vita quando ancora poteva essere
Sei tu quello vero
o è l’altra, beffarda,
che ti guarda dal fondo dello specchio?”
E su un cammino fatto di petali
mi scovò una Musa triste
e mi condusse verso un quadro chiuso a chiave
nelle morgane dell’alba.
E vedo nel tragitto la danza delle fate,
della più bella che mi volò alle spalle,
un’ombra ne vela le ali.
Cuore sonnambulo che insegue i sogni
nel loro strano alfabeto.
Alfabeto dei sogni,
Alfabeto dei segni.
Cuore sconquassato che teme gli spettri
che svanire non vogliono al risveglio,
che più di noi detestano la morte.
Maudit l’amour,
che li tiene svegli.
*
Ophelia
Cos’hai negli occhi, così grigio?
Nulla.
Un riflesso.
Penso a una fine irreale e diversa.
Penso a quel fiume, oceano mai nato,
inquieto abbandono di un’ombra
inghiottita,
dalla terra rapita,
nell’oblio che annega ogni canto.
Fluire di onde che scrive una legge
del ritorno di ciò che oggi muore.
Precetto salvifico oppure drammatico,
strofa disarmonica.
È sola Ophelia, e la immagino ancora lì che sorride
mentre vaga insonne in quella riva
dispersa in quell’acqua che fu tragedia,
nell’arte che è anche vita.
D’un tratto tornano i fantasmi della notte precedente
ed il rimorso di sognarli ancora ad occhi aperti.
“So che siete voi”,
si ripete.
Nel mentre qualcuno le incide con uno spillo una ferita mortale.
Trema un’ultima volta prima di addormentarsi,
vitreo lo sguardo,
sanguina l’ombra.
La nasconde, al risveglio, Ophelia,
tornando piegata ad immaginare
un futuro di ricordi smarriti nella nebbia.
*
Pianta crepuscolare
Pianta
crepuscolare
che sorgi di notte
sul ciglio
delle mie strade
a rare bellezze
e nefaste
protesa.
Ti ho persa di vista.
E di giorno ritrovo
al tuo posto
rosse fragole
di primavera.
L’autrice
Classe 1989, da sempre appassionata di musica e poesia, fin da piccolissima affiancava lo studio del pianoforte nella Scuola Comunale della sua città (Todi) al tentativo di scrivere testi sulle note delle canzoni di Fabrizio De André e di Leonard Cohen, dal cui stile è da sempre rimasta affascinata. Passione, quella per la scrittura, amplificatasi negli anni del Liceo Classico, insieme a quella per la letteratura. Come il suo cantautore/poeta ispiratore Fabrizio De André, nonostante il profondo amore per gli studi classici, si è iscritta a giurisprudenza, decidendo, al contrario del grande Faber, di portarla a termine, e proseguendo con un Dottorato, ma senza mai abbandonare la sua passione. È attualmente dottoressa di ricerca presso l’Ateneo di Perugia, canta in un gruppo musicale del luogo formatosi di recente, e scrive poesie, ancora inedite.