Fabrizio Pesaro – poesie
Chi dice che la prima volta sia sempre la più bella? Questo secondo appuntamento con i versi di Fabrizio Pesaro insegna proprio il contrario. Sebbene alcuni temi già trattati nei componimenti precedenti, che invito a recuperare, restino ben presenti come la propensione verso un “tu” indefinito che allarga l’orizzonte dei destinatari possibili, e poi la persistenza di un’impossibilità di fondo che impedisce all’Io di abbracciare compiutamente e totalmente il tutto che lo circonda, la realtà “concreta e non”, la vita “che mi pesa”.
Il rumore della pioggia che è appena caduta
è quello del tuo viso
che pian piano se ne scende
sull’asfalto,
goccia dopo goccia
quest’odore proibito
che riapre l’anima,
questo aroma indefinito
che si perde nel temporale,
è il tuo ritratto
che mi piove addosso
un po’ alla volta.
Ciò che in te si carnalizza
spuria transustanziazione,
mi giunge dal cuore del pianeta
come una maledizione incompiuta,
in quest’ora del giorno
in cui tutto si finge immobile
dichiarando nel silenzio
la nudità della sua condizione precaria.
Qui nella penombra mascherata
della mia anima timorosa
fisso gli occhi delle nuvole,
che sono i miei occhi,
sentendo suonare in sordina
le corde malinconiche
di tutto l’increato,
mi struggo in una panteistica immagine di te.
Mi hai inventato le emozioni
per farmici bruciare dentro,
sacrificio umano sull’altare
che mi sono costruito.
Ogni atomo di senso
di ogni realtà concreta e non,
è il grido della mia anima
che ti guarda essere impossibile.
*
l’inverno tarda ad arrivare
non sento ancora il freddo che vorrei
fin dentro le ossa
vorrei sentirmi gelare
soldato infreddolito in una trincea fuori dal tempo
mi hanno sparato ad una gamba
e la mia fazione perderà la guerra
aspetto che la neve imbianchi me
e tutto ciò che ho intorno
che cancelli tutti i colori e tutti i suoni
che cancelli il paesaggio circostante
rendendolo un’enorme distesa indefinita
affinché io possa perderci
prima lo sguardo
e poi me stesso
affondare, sprofondare
in chilometriche dune bianche
cadere all’infinito
dentro quei freddi pozzi sordi
perdermi in un gelo senza scampo
palpabile la condensa del mio fiato
che come nebbia fitta attorno a me
mi esclude anche l’ultima parte della vista
notte gelida di un freddo senziente
mani ipotermiche di una madre geologica
mi cullano in questo buio zero Kelvin
unica casa accogliente
che riesca ancora ad ospitarmi
*
Sto in ascolto
dentro te
da cuore a cuore
un collegamento ritmico
di sangue che pompa forte
tra noi due.
Fino in fondo dentro te
spingo la vita che mi pesa,
macigno di chiusure e inibizioni,
evapora nella marea
del tuo corpo danzante.
L’autore
Fabrizio Pesaro, nato ad Ancona il 17/11/1994, mi sono trasferito a Roma nel 2015 per studiare
cinema, ora mi divido tra il lavoro di videomaker e la regia dei miei progetti. Scrivo poesie da
quando avevo 15 anni, ma solo di recente ho iniziato a pubblicarle.