Critica di Prosa,  Letteratura,  Premi Letterari,  Premio Campiello

“Dilaga Ovunque” di Vanni Santoni – Premio Campiello 2024

di Nicola Vavassori

Per raccontare una sottocultura irriverente e anti-sistema per definizione come quella della street art utilizzare un genere per così dire istituzionale come quello del saggio sarebbe stata quasi una contraddizione. Perciò Vanni Santoni, autore prolificissimo in prima linea sulle pagine culturali di tutta Italia, decide di sfruttare una forma innovativa che ha preso molto piede nella letteratura contemporanea: il saggio narrativo. Dilaga ovunque (Laterza 2023) unisce l’intento informativo-divulgativo a un racconto fittizio, guidando per mano i lettori alla scoperta del regno dei graffiti, e si guadagna un posto nella cinquina finalista del Premio Campiello 2024. L’esperimento però scopre il fianco a non poche criticità, finendo per somigliare più a un esercizio di stile che a un’opera realmente godibile. Perché? Per capirlo bisogna prima fare un passo indietro.

Dilaga Ovunque

Dilaga ovunque è la terza opera di un filone che Santoni ha dedicato a culture creative di nicchia, ma diffuse in modo estremamente capillare nel mondo occidentale. Il trittico – pubblicato per la collana «Solaris»di Laterza e potenzialmente ampliabile all’infinito – comprende, oltre all’opera sulla street art, Muro di casse (2015), sul mondo dei rave party, e La stanza profonda (2017), sui giochi di ruolo. Tutti microcosmi che, secondo la definizione dell’autore, “sono stati creati dalle stesse persone che desideravano averli; sono non-competitivi, autogestiti e creativi (e per questo hanno messo in discussione alcuni paradigmi del sistema); sono stati mistificati o criminalizzati per decenni da stampa e TV; hanno trionfato, influenzando in modo permanente l’immaginario; in alcuni casi sono stati cooptati o sussunti dal sistema stesso.”[1]

Sulla scia delle prime due opere, Dilaga ovunque mantiene il taglio saggistico-romanzesco e l’impostazione della voce narrante, insolita e molto coinvolgente, che si rivolge in seconda persona alla protagonista. Ma torna anche il carattere intertestuale dei personaggi di Santoni, che compaiono già in altri romanzi dell’autore, come a formare un piccolo multiverso interconnesso e riconoscibile. Così se in Muro di Casse il protagonista era lo stesso Iacopo Gori che nel romanzo d’esordio di Santoni, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), attaccava i suoi manifesti in giro per Firenze, Dilaga ovunque è raccontato dal punto di vista di Cristina Michelangelo, la giovane artista de I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019), la più monumentale delle opere dell’autore.[2]

Non serve però aver letto tutta la bibliografia di Santoni per poter comprendere la parabola di Cristina, appassionata di arte fin da bambina che ora, superati i trent’anni, inizia a mettere in discussione la forma della propria carriera. Così quando “un amico” non meglio identificato – vale a dire lo stesso autore – le chiede aiuto per raccogliere la documentazione sulla storia dei graffiti che andrà a confluire nel libro che stiamo leggendo, Cristina coglie la palla al balzo per riprendere i contatti con vecchie conoscenze del mondo della street art. Finirà così per riscoprire le sue giovanili abitudini da graffitara – e insieme riscoprire se stessa.

Il viaggio di Cristina la porterà da New York a Barcellona e saranno le sue stesse riflessioni e le conversazioni con altri personaggi a plasmare la storia della street art, a partire dalle incisioni rupestri nelle grotte di Lascaux per arrivare a Blu che, nel 2016, cancella le sue stesse opere dai muri di Bologna per impedire che vengano portate in un museo.

Tra la narrazione, il dialogo e il saggio non c’è soluzione di continuità. È proprio qui che si nasconde il principale punto debole dell’opera. La stragrande maggioranza dei dialoghi si presenta come un resoconto accurato della storia della street art – con dovizia di date, nomi e particolari da libro di testo – e contemporaneamente cerca di ricreare un tono colloquiale, disinvolto e gergale: due direzioni opposte e in attrito l’una con l’altra.

Certo, per immergersi veramente nella controcultura della street art bisogna immergersi anche nella sua lingua. Lo slang, i modi di dire, i riferimenti di nicchia sono parte integrante di una realtà come questa e, se è vero che i graffiti sono prima di tutto una forma di resistenza sociale, allora la scrittura di Santoni non può farsi intermediaria tra la street art e la massa, ma si deve schierare dalla parte della street art con convinzione. Se non comprendi il linguaggio di questo mondo – sembra dire l’autore – benissimo: significa che non ne fai parte; leggendo potrai magari assaporarne la musicalità, i modi, ma non basta un libro per farti avere libero accesso a una cultura che non ti appartiene.

Non infastidiscono per esempio i nomi di centinaia di artisti di strada che dilagano nell’opera, trasformando le pagine in muri di graffiti pieni di firme: alla maggior parte dei lettori potrebbero non voler dire nulla, proprio come le scritte su un edificio della propria città, ma il bello sta nello scoprire il mare di significati che si nasconde dietro ogni lettera. Allo stesso modo le fotografie delle opere d’arte sparse nel libro sono in perfetto dialogo con il testo, fino al punto che le parole dei graffiti si inseriscono nelle frasi per collegarle o completarle: un espediente di intermedialità unico nel suo genere e ben riuscito.

Il problema però non riguarda tanto la lingua della street art quanto lo stile parlato in generale, che mal si sposa con il racconto della storia del medium. Il risultato sono scambi di battute in-credibili che si piegano alle esigenze argomentative del testo. Un esempio:

Vaaa bene Adele, con Buren forse mi sono spinto troppo in là, te lo concedo: è arte pubblica, dato che non ha mai lavorato fuor di commissione. Sebbene sia, come sai meglio di me, un pioniere del site specific, e la street art non è forse l’evoluzione ul-ti-ma-ti-va, il punto d’arrivo di quell’approccio?

Casomai, sorride Adele dando un sorsetto al vino, è il punto d’arrivo dell’in situ, ovvero di arte concepita e realizzata nello stesso luogo in cui viene esposta, e non semplicemente pensata per un luogo specifico.

A ciò si aggiunge una sovrabbondanza di già visti. I dialoghi “di strada” sembrano traduzioni letterali e stranianti dall’americano (Scarsotto? Tua madre è scarsotta, buffone! [Phase2] Fece pure un paio di singoli, e poi… (volgendosi di nuovo a te) Sei italiana, no, sorellina?). E la prima scena – nonché unica sequenza in movimento del libro – è il più grande dei cliché: tre graffitari che “taggano” un treno di Barcellona e vengono sorpresi dalla polizia che, dopo averne acciuffata una, la lascia andare con la solita frase di rito: “È il tuo giorno fortunato” – solo, in spagnolo.

Significa dunque che Dilaga ovunque sia un buco nell’acqua? No. L’operazione condotta da Vanni Santoni – unire divulgazione e narrazione a proposito di una realtà così complessa – rimane complicatissima e probabilmente solo una penna esperta come la sua avrebbe potuto tentare un’impresa simile con discreti risultati. La ricerca e la raccolta di materiali sul tema della street art e la loro messa in scena è molto preziosa per chiunque voglia informarsi su questo medium senza cadere nella pedanteria di un manuale. Da questo punto di vista la candidatura al Campiello, più che l’opera tout court, premia la novità, l’originalità dello stile, il tema di nicchia e, perché no, anche la firma di Vanni Santoni, che rimane uno degli autori più trasversali della nostra letteratura.


[1] Gianluca Grappa, Dilaga ovunque. Intervista a Vanni Santoni < https://www.satisfiction.eu/dilaga-ovunque-intervista-a-vanni-santoni/ >

[2]  Per gli amanti del multiverso santoniano bisogna aggiungere che in Muro di casse compare anche il personaggio di Cleo, ossia la Cleopatra Mancini che sarebbe diventata la protagonista di La verità su tutto (Mondadori 2022). A propria volta ne La verità su tutto compare Antonio Michelangelo, il padre dei Fratelli Michelangelo. Ne La stanza profonda, invece, fa capolino il Paride de Gli interessi in comune e, per un cameo, la stessa Cristina Michelangelo. E probabilmente c’è molto altro. Fonte: Federico Di Vita, La verità su tutto. Conversazione con Vanni Santoni < https://www.kobo.com/it/blog/la-verit%C3%A0-su-tutto-conversazione-con-vanni-santoni >.

https://www.arateacultura.com

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.