Didattica a distanza: limiti e difficoltà della scuola online
Aule fatiscenti, edifici scolastici spesso risalenti all’anteguerra e sistemi di connessione non sempre presenti; questo era il quadro della scuola Italiana appena qualche mese fa. Una scuola che non ci saremmo mai immaginati online, eppure è successo.
Causa emergenza sanitaria, da marzo 2020 la scuola si è dovuta reinventare totalmente.
Chiusi infatti tutti gli edifici scolastici, è stato necessario trovare un modo per assicurare il prosieguo della didattica. Si è trattato di uno sforzo congiunto che ha visto in prima linea sia il ministero sia gli insegnanti i quali si sono dovuti totalmente reinventare.
Così è stato portato a termine l’anno scolastico (e accademico) 2019-2020, e oggi possiamo e dobbiamo guardarci indietro.
Perché abbiamo concluso l’anno ma, forse, non senza effetti collaterali.
La scuola impreparata
Fatte queste premesse possiamo ben capire quale sia stato lo sconvolgimento che la didattica ha subito nel momento in cui, nella sua totalità, è stato “travasata” online. Uno sconvolgimento che ha da subito mostrato le sue “falle” e i suoi problemi.
Il limite economico
A tal proposito il decreto “Cura Italia” aveva stanziato dei fondi per venire incontro a situazioni di difficoltà, ma gli aiuti proposti non sempre sono stati in grado di tamponare la situazione. A Roma un’indagine condotta (dove una famiglia su cinque vessa in condizioni di povertà) ha mostrato che il 61% dei bambini intervistati, non ha seguito le lezioni. Tra le cause vi è anche, appunto, l’impossibilità di un collegamento internet.
La didattica a distanza ha leso il loro diritto allo studio e purtroppo non solo il loro.
La difficoltà nella fruizione…
Esistono infatti categorie di studenti di cui spesso la scuola italiana poco si occupa e che hanno sofferto – più di altri – la nuova “scuola digitale”.
Stiamo parlando degli alunni disabili e assieme a loro gli alunni DSA.
Per quest’ultimi la didattica a distanza si è presentata come limite fin dalle sue modalità di fruizione.
Un soggetto dislessico non è inabile e nel classico ambito della lezione non riscontra problemi. Ma nel confronto con nuove modalità non può essere lasciato solo.
Soprattutto nei casi più gravi, infatti, la dislessia può di fatto comportare una difficoltà nel processare una sequenza di azioni ripetitive e davanti ad una comunicazione prolungata può portare il soggetto a smarrirsi.
L’insegnante ha quindi il compito d’essere di rinforzo per il ragazzo. Deve riuscire a comprendere i momenti di “black-out” e intervenire se necessario. Questo era in parte possibile prima, ma è diventato molto più complicato negli ultimi mesi quando gli sguardi e le parole potevano essere colti solo a seconda della velocità di connessione.
Il supporto che prima era garantito ora è venuto a meno, e problemi ancora più gravi hanno riscontrato i ragazzi con disabilità.
… e in un’assistenza digitale
L’educazione di un ragazzo disabile passa in primo luogo dall’assistenza mediata da un rapporto continuo al fine di andare incontro ai suoi bisogni. Un rapporto non può essere “digitalizzato” a partire da semplici questioni pratiche. In particolare, in una videolezione non è possibile la contitolarità per cui l’insegnate di sostegno risulta un “utente invitato” e ciò gli impedisce la stessa interazione che ragazzi hanno invece con la docente titolare.
Questo porta problemi non solo per i ragazzi ma anche per le famiglie perché costringe i genitori a supplire le esigenze di assistenza del soggetto, dovendo dunque cercare un fragile equilibrio tra queste e gli impegni lavorativi.
Nel caos generale
In primo luogo mancanza di chiarezza c’è stata nel definire le modalità delle lezioni online. La scelta è stata affidata in toto agli insegnanti che si sono trovati liberi di scegliere sul da farsi senza che fosse loro spiegato come fare nel concreto.
Altro problema si è verificato in sede di valutazione. Se da sempre la scuola si è basata su una valutazione sommativa (ovvero basata unicamente sul voto), ora gli insegnati si sono trovati a chiedersi se anche in quarantena questo sistema valesse.
A tal proposito più di una domanda è sorta. Ci si è chiesti che valore dovesse avere il voto dato in videochiamata rispetto al voto dato in presenza. Ci si è chiesti se e in che modo questa valutazione dovesse essere presentata alle famiglie e infine se non fosse più opportuna una valutazione formativa (ovvero basata anche sul comportamento).
A questi dubbi risposta non è stata data nei mesi in cui si sono svolte le lezioni, mesi in cui la scuola si è dovuta reinventare senza che gli venisse spiegato come. Questo ha di fatto impedito una comunicazione chiara tra insegnanti e alunni, portando questi ultimi a vivere di riflesso la medesima situazione di incertezza.
Una necessaria riflessione
La situazione pandemica ha, nell’ultimo anno scolastico, messo in evidenza crepe che già corrodevano le fondamenta dell’istituzione scolastica. Le difficoltà che la scuola si è trovata ad affrontare sono solo state aggrevate da una situazione di emergenza che ci ha colto totalmente impreparati.
Appare allora chiaro che, in prossimità del futuro anno scolastico, urgente diviene una seria riflessione che coinvolga l’intero tessuto scolastico e che sia in grado di guardare oltre la pandemia per affrontare i problemi che a lungo abbiamo nascosto “dietro la lavagna”.
Credits:
Sara Clemente, Ottica individuale – collage analogico
Sara Clemente, in arte Pezzi Impazziti, 22 anni, laureata in educazione professionale, da circa 5 anni utilizza la tecnica del collage per esprimere pensieri e raccontare storie di carta
“Ottica individuale” è un’opera realizzata con la tecnica peculiare del collage analogico, che fonde fisicamente ritagli di giornali, riviste e fotocopie di libri. Un piccolo mondo fatto di stanze, sovrastato da sguardi scrutatori, suggerisce l’individualismo tipico dell’uomo e ci ricorda l’isolamento della quarantena. Troppo spesso un’ottica individuale prevale su sentimenti di condivisione e solidarietà che pur il lockdown ci ha insegnato.
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