“Diario di un buono a nulla. Scampia, dove la parola diventa riscatto” di Davide Cerullo
Caro Davide
uno scrittore, e tu sei della specie, deve prima di tutto scrivere bene le sue storie, come un calzolaio che deve far bene le sue scarpe. Poi se al calzolaio viene voglia di fare qualcosa di più del necessario, dovrebbe preoccuparsi che tutti abbiano diritto a un paio di scarpe. Così uno scrittore dovrebbe difendere per tutti la libertà di parola: detta, scritta, cantata, recitata, strillata sulla pubblica via.”
Con affetto Erri De Luca, in una breve riflessione introduttiva al “Diario di un buono a nulla. Scampia, dove la parola diventa riscatto” (2016), si rivolge all’autore Davide Cerullo, che prim’ancora di rivelarsi un artigiano della parola si è lasciato plasmare e trasformare dalla poesia.
«Corpo e sangue» sono i versi per Davide, da quelli di una pagina strappata e nascosta durante la sua reclusione a Poggioreale alle poesie che frantumano la prosa del diario laddove i suoi pensieri si fanno più vibranti. Un’esigenza di parola come forza sanitaria accompagna il proposito di fare della verità cruda letteratura altrettanto vera, o almeno di provarci, «perché anche con una coperta che non basta, ci copriamo con i volti e ci scopriamo con gli sguardi».
Davide ricerca l’intensità nei caratteri, negli spazi bianchi e soprattutto negli occhi dei bambini di Scampia, immortalati nelle numerose fotografie che corredano il diario. Indagare quegli sguardi significa incontrare la stessa tristezza dell’autore, la sua infanzia mancata.
Davide Cerullo nasce nel 1974 alla periferia di Napoli, traferitosi con la famiglia nelle Vele, complici la violenza vissuta tra le mura domestiche e il precoce abbandono della formazione scolastica, conosce presto la realtà della malavita, dallo spaccio gestito dal sistema camorristico al carcere.
Nel diario il passato più doloroso è scorciato in episodi affidati ad una narrazione serrata e che, nel tono più delicato e riflessivo complessivo, scaraventano il lettore sotto il letto insieme a Davide, per il rinculo di quel fucile puntato a sei anni, su istigazione del fratello più grande, contro il padre.
La stessa scelta della forma diaristica è così, forse, un tentativo di avvicinarsi ad una delle modalità predilette dai primi esperimenti di scrittura infantili, in un intreccio sano e salvifico di letteratura e vita che possa ricostruire l’uomo, prima che l’autore. “Ciascuno si ignora finché una parola, dal fondo del suo essere, non sale fino alla sua sete” è, non a caso, la citazione di Jean Sulivan scelta in apertura di un altro libro dell’autore “Dal Vangelo secondo Scampia”.
Davide è assetato di amore, anzi di più, di ammore. Annotazioni aforistiche, poesie e racconti si alternano nel diario a dialoghi e confronti con i grandi maestri della cultura da «analfabeta che in un verso ha letto la possibilità di un autodidatta riesumato da una poesia» di Davide: Christian Bobin, del quale riporta il carteggio, Erri De Luca, l’amico, e i più lontani Majakovskij, Garcia Marquez, Dostoevskij, solo per citarne alcuni. L’autore apostrofa poi il padre, si immedesima nei personaggi di cui narra le storie di vita e si rivolge sin dalle prime pagine al “tu” destinatario di tutti gli scrittori in ricerca, grazie al quale Davide impara l’amore, la fiducia: «Queste parole hanno un mittente, “io” e un destinatario, “tu”. Quando vorremo dire qualcosa al mondo, lo faremo».
Davide Cerullo vive oggi a Scampia e qui ha fondato “L’albero delle storie”, un’associazione che si occupa di progetti educativi rivolti a bambini da zero a sei anni e alle loro mamme. Lavora per una città diversa da quella ritratta dalla serie “Gomorra”, lontana anche dalle immagini idealizzate di mezzi santi (cita a proposito “L’oro di Scampia”) e, invece, animata da realtà che mettono al centro la promozione culturale, quali il “Gridas”[1], un’associazione che attraverso l’arte murale e la proposta di un carnevale di quartiere alternativo nutre di bellezza la città, o la giovane casa editrice indipendente Marotta&Cafiero[2].
La periferia raccontata nel diario è questo mosaico di storie passate e presenti, di slanci concreti, reali e per questo a volte contradditori e se a tratti le riflessioni e le parole del diario appaiono semplici, Davide nelle righe conclusive ci ricorda, facendo sue le parole di Alda Merini, che “La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri”, che una scrittura vera può delicatamente farsi pura.
[1] Il “Gridas” (gruppo risveglio dal sonno, con riferimento alla celebre incisione di Goya “El sueño de la razon produce monstros”) nasce nel 1981 grazie a Felice Pignataro, Mirella La Magna, Franco Vicario, e altre persone con l’intento di stimolare un risveglio delle coscienze e una partecipazione attiva alla crescita della società. Felice Pignataro | Il GRIDAS
[2] Si definiscono spacciatori di libri, anzi di letteratura stupefacente. La casa editrice è dedicata ad Landieri, vittima innocente di camorra, ragazzo disabile di 25 anni ucciso per errore a Scampia durante una faida tra clan. A Scampia hanno aperto la prima libreria: La Scugnizzeria. Dal 1959 ad oggi, tra molti altri hanno pubblicato Daniel Pennac, Stephen King, Osvaldo Soriano, Antonio Skármeta, Raffaele La Capria, Ernesto Che Guevara… Marotta e Cafiero editori