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”Da parte di madre” di Federica De Paolis – Premio Viareggio Repaci 2024

Un articolo di Alice Stroppa

Da parte di madre, l’ultimo libro di Federica De Paolis, finalista al Premio Viareggio Repaci 2024, è un romanzo autobiografico che parla del rapporto tra l’autrice e sua madre, presentandolo come simbiotico e conflittuale. Fin dalle prime pagine la madre viene presentata con una mistura di percezioni olfattive, visive e caratteriali.

L’odore di nicotina era la prima cosa che sentivo sgusciando fuori dalla mia camera da letto. Percorrevo il corridoio domandandomi chi avrei trovato di fronte a me: che tipo di donna, di umore? Briosa, propositiva, oppure anchilosata dall’insonnia, con gli occhi annacquati dai pensieri? Sorvegliava la segreteria telefonica: “Segreteria cinese, se non parli sei scoltese ,” recitava la sua voce registrata su un piccolo nastro, nel lontano 1985.

Per tutto il libro questo schizzo viene perfezionato: si aggiungono luci ed ombre, si parla degli uomini che la circondano e che influenzano il suo umore e di come è cambiata nel tempo. Infatti Federica De Paolis sceglie di raccontare i vent’anni decisivi del suo passaggio da bambina a adulta, da quando si sentiva invisibile a donna che sente di dover agire. All’inizio del romanzo soffre per il suo “vuoto abissale”, per l’incapacità di accettarsi e farsi accettare, schiacciata dalla figura della madre. Questa madre biondissima è al contempo incapace di muoversi quando soffre, e ha bisogno della figlia, che se ne occupa con una maturità che indica una chiara inversione dei ruoli. In questo modo la piccola Federica è costretta a crescere sotto i nostri occhi di lettori, trova le sue passioni e il suo posto nel mondo, e alla fine del libro è anche disposta ad accettare i complimenti di coloro che le dicono quanto lei assomigli alla madre.

Un’autobiografia tra bolle tematiche e fils rouges

La narrazione non è cronologica, procede per argomenti, esplorando varie tematiche e tracciando archi narrativi che sono sempre ben scandagliati, sintetici e approfonditi fino ad esaurirsi. Nulla, nonostante sia il racconto di una vita, è lasciato irrisolto, ed è questo che rende la biografia molto scorrevole e intrisa di dimensione narrativa.

Alcuni personaggi e temi, infatti, fanno solo una comparsa nel libro rimanendo bolle isolate, mentre altri sono costanti, garantendo quella coesione che permette a questa autobiografia di essere un vero e proprio romanzo, e non una serie di episodi e racconti. Prendiamo ad esempio Neracomelapece, amica d’infanzia della piccola Federica: è un personaggio che ci parla del bisogno di sentirsi a casa, di essere accettati, ma è solo una tappa, poi scompare tra le pagine del libro.

Al contrario, altri personaggi fanno continuamente capolino all’interno della vicenda di Federica e di sua madre. Primo fra tutti il Fisico, uno dei compagni della madre. La sua funzione è soprattutto quella di illustrare l’ottica della madre sull’amore: la donna è infatti una persona romantica, molto attaccata alle sue persone, ma che ama anche illudersi.

L’omissione come rielaborazione della realtà

Questa sensazione di scorrevolezza del racconto è dovuta anche a un ulteriore espediente, quello dell’omissione. L’omissione è per l’autrice una dimensione innanzitutto legata al rapporto con sua madre, la quale vive raccontandosi e raccontando bugie bianche, o lasciando una traccia di non-detto che la figlia deve puntualmente ricostruire e con cui deve convivere. Eppure, questo continuo bisogno di indorare la pillola è chiaramente dettato da un rapporto di protezione, dal voler ignorare o non vedere i problemi.

Si ha per tutto il libro la sensazione che la madre voglia essere troppo amica della figlia, che le faccia eccessive confidenze, e allo stesso tempo dimentica alcuni dettagli della sua vita che potrebbero servire alla figlia a vederla meno distante. Non la consola quando viene bocciata, ma non le dice neppure che anche lei fu bocciata, cosa che avrebbe comportato empatia. 

Mia madre amava suo padre, da cui aveva ereditato i grandi occhi chiari, una vena polemica, l’amore per i libri. Aveva invece un rapporto conflittuale con la nonna. Tra di loro parlavano poco, erano una famiglia avvolta nel taciuto, anche nel castigo, quando mia madre era giovane. Tutte cose che a me erano risparmiate, non credo in seguito a un’autoanalisi ma piuttosto per via di un riflesso, un muscolo involontario che aveva reagito a quella educazione rigida. Coinvolgermi nella sua vita sentimentale, trattarmi come un’amica, doveva essere un movimento inconsapevole, una spinta autentica a dare libertà. Se lei era cresciuta in gabbia (…) a me sarebbe toccato un destino diverso: quello di una figlia che veniva lasciata libera di agire, al punto di non essere messa a fuoco.

Infine, un oggetto diventa l’emblema del rapporto della madre con la realtà: la segreteria telefonica che, collocandosi tra realtà e follia, si configura come l’espediente da cui parte il racconto. La madre passa infatti il tempo al telefono, ad aspettare una chiamata del Fisico, o ad ascoltare ogni messaggio lasciato nella segreteria telefonica. Studia i fiati lasciati da telefonate anonime, individua schemi nelle chiamate, e anima le sue giornate con una realtà (forse) inventata, costruita riordinando gli elementi trovati nella segreteria telefonica.

Questa capacità di reinterpretare la realtà passa da madre a figlia. Per Federica De Paolis questo processo diviene capacità letteraria, ed è ampiamente usato qui per scrivere un’autobiografia. Scrivere a posteriori significa sempre rielaborare, capire dinamiche familiari, dimenticare alcuni fatti.

I miei ricordi si sono modificati nel corso del tempo. Questo romanzo non è che la mia personale e soggettiva ricostruzione di un pezzo di vita. Ho ereditato il mio punto di vista da parte di madre: dunque ho omesso, taciuto, mitizzato. Più di tutto, sono stata ancora accanto a lei.

Le case e le atmosfere

La vicenda è ambientata a Roma, e i capitoli sono suddivisi tra le varie case in cui mamma e figlia hanno abitato. Questo perché, come nel caso della segreteria telefonica, per raccontare una vita bisogna partire dagli oggetti. Ma “la casa” diviene anche uno dei temi del libro, perché ad ogni trasloco corrispondono nuove esigenze: accudire il cane, dimenticare un abbandono, scappare da un amante.

Le case sono lo scenario delle vicende tra madre e figlia, e vengono delineate sia attraverso gli oggetti che contengono sia attraverso le attività che vi si svolgono. Queste descrizioni della vita quotidiana non appesantiscono il racconto, anzi ne sono parte integrante. Uno degli aspetti più belli di Da parte di madre sono infatti le sue atmosfere, le luci e le ambientazioni. Il lettore si trova così di fronte a un romanzo molto cinematografico, che si può vedere.

La letteratura

Infine, un ultimo tema rimane costante nel romanzo: la letteratura. Ogni capitolo inizia con un esergo, una breve citazione di altri autori come Ruth o Pavese. All’interno dei capitoli, siamo informati di ciò che leggono i personaggi, come se le loro letture ci aiutassero a delineare aspetti del loro carattere o forse del periodo che stanno vivendo.

Io avevo appena finito Anna Karenina. Avevo dato alla protagonista il volto di mia madre, Vronskij invece aveva le fattezze di un cartone animato giapponese. Che ne sarebbe stato di Anna Karenina se avesse posseduto una segreteria telefonica?

Con il tema della letteratura si mostra anche uno dei lati più ribelli della piccola co-protagonista, che consegna temi non richiesti su Flaiano, non studia Omero e il canone scolastico, rimane affascinata solo da Montale. Cerca di trovare una sua dimensione letteraria, ma non è capita dalle sue insegnanti, che non apprezzano la sua creatività. Solo una di loro la incoraggia, e la iscrive a un concorso letterario. Ma il personaggio che maggiormente la incita a leggere e a scrivere è la sua analista, Bianca Garufi. Attraverso di lei, la protagonista sentirà che la letteratura è strettamente connessa alla vita.


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