Corrida – Un racconto di Laura Garavaglia
Se invece che girare come dovrebbe la lancetta di un orologio molle si mettesse improvvisamente a retrocedere, il normale flusso del tempo verrebbe alterato e inizierebbe l’ora dello scontro. Un’ora peculiare, segnata da un giradischi impolverato che esegue una melodia adatta all’occasione. Il disco oscillerebbe in aria e un’asticella lo colpirebbe dando l’attacco. Non siamo in un’arena o in una plaza de toros, ma in un vasto prato ombroso sul quale si rincorrono alla luce della luna un elefante e un lupo. Se l’elefante dovesse impazzire sotto l’illuminazione lunare che bagna i cavolfiori, allora il lupo gliene cucinerebbe un piatto a fiamma lenta. Sto parlando del cavolfiore pagoda: possiede geometrie eccezionali che sciogliendosi sul fuoco estivo si smembrano in mille pezzettini riccioluti, modificandosi, trasformandosi. Il lupo insegna questo all’elefante, il privilegio di osservare la bellezza che muore. L’elefante, se pure ancora piccolo, sa già come si spegne un fiore, se ne ciba ogni giorno, sradicandoli con grazia impacciata e tenace, mentre saltella tra i cadaveri. Non conosce tuttavia la luna e non sa come il suo calore possa farsi igneo. Riesce a scorgere solo lucciole liquide attorno ai germogli. Ha degli occhi piuttosto deboli e non può vedere così in alto o in lungo, o in avanti e indietro come Giano Bifronte ma, in cambio, percepisce ogni minima vibrazione del terreno. Il lupo magro ulula al cielo scuro punteggiato dalla luna e questa invocazione antichissima e protesa infastidisce e ammalia l’elefante. Il lupo, tornato da una battuta di caccia, incalza l’elefante: “Grazie a quale prodigio sei così alto, massiccio e regale?” E allora lo alletta con varie lusinghe, gli volteggia intorno come in una danza e poi gli chiede: “Come fai con quel lungo e meraviglioso tubo a risucchiare specchi azzurrini e verdi?” “Se potessi afferrare il tuo riflesso domattina in uno di quegli specchi, io e te saremmo una cosa sola.” Il lupo si infila nel rotolo di proboscide e fa una piccola giravolta. L’elefante si distende a terra, accovacciato. E poi chiede al lupo: “Secondo te posso sollevarmi in volo o la mia massa me lo impedirebbe?” Il lupo, nel frattempo, si è già alzato e inizia ad allontanarsi. Se ne va verso altri lupi, perché il sole sta già spuntando, anche se timidamente. Il campo di cavolfiori è una strage per colpa di questo veloce, frenetico e un po’ buffo motivetto lunare riprodotto dal vecchio giradischi. L’orologio riprende di colpo il cammino in avanti, verso ciò che l’elefante non conosce ancora.
Nata nel 2001 nella provincia milanese, dopo il liceo linguistico mi sono laureata in lettere presso l’università statale di Milano. Appassionata di narrativa contemporanea biofinzionale e atmosfere padane. Di tanto in tanto scrivo per raccontare qualcosa.