Come il Premio Strega danneggia la letteratura italiana… E come migliorarlo!
Di Nicola Vavassori e di Francesca Manzoni
L’evento letterario più importante d’Italia anche quest’anno ha toccato rare vette di ridicolo durante la premiazione di giovedì scorso, il 7 luglio 2022. Un’organizzazione approssimativa della serata e una campagna pubblicitaria obsoleta non erano abbastanza: a ciò si è dovuto aggiungere anche un atteggiamento strafottente da parte del pubblico e della conduttrice per denigrare a dovere alcuni dei più grandi autori del nostro paese.
Quali sono stati nel concreto i problemi di questa 76° edizione? E quali potrebbero essere i semplici accorgimenti che la Rai e la Fondazione Bellonci dovrebbero prendere, a nostro modesto parere, per correggere il tiro e regalarci negli anni a venire un Premio Strega degno della sua nomea? Lungi da noi voler essere distruttivi e arroganti, nel presente articolo andremo sintetizzare non le voci dei soli due redattori che vi hanno messo la firma, ma le opinioni raccolte da decine di giovani di tutta Italia appassionati di letteratura, i quali hanno seguito con interesse la premiazione di quest’anno e ne sono rimasti per lo più scottati e delusi.
Cultura in TV? Solo in seconda serata.
“I giovani non leggono!”, “L’editoria italiana è in crisi!”, “A scuola la letteratura è insegnata nel modo sbagliato!”.
Queste le frasi più ricorrenti quando si parla di cultura sui giornali e nei “talk show” televisivi, fortunatamente accompagnate, nel post-pandemia, da titoli pieni di speranza: “Numeri da record al Salone del Libro di Torino!”, “Leggere sta diventando virale!”, “Il mercato dei libri torna a crescere!”. Ebbene, la Rai non ha saputo cogliere né le criticità legate alla scarsa diffusione della cultura, né le opportunità relative al risorgimento dell’editoria italiana che stiamo attualmente vivendo, e ha deciso di riservare al Premio Strega una trasmissione alle 11 di sera. (È alla Rai che puntiamo il dito, stentando a credere che la Fondazione Bellonci, organizzatrice del premio dal 1986, abbia ritenuto che questo fosse l’orario più adatto per l’evento.)
Il problema – ci risponderebbe la Rai se fossimo abbastanza famosi da meritarci la loro attenzione – è che il Premio Strega “non fa share”: la prima serata è per la finale di “Ballando con le Stelle”, non per Emanuele Trevi e Mario Desiati. Il problema – risponderemmo noi in questo tracotante confronto immaginario – è confondere la causa con la conseguenza: il Premio Strega non ha “audience” a causa del fatto che è sempre relegato a orari improponibili (tra le altre cose). Rai3, che da quando esiste si presenta con la maschera di un canale pronto a mettere la cultura in prima linea, con coraggio e anticonformismo in un’Italia piena di programmi “trash”, soccombe davanti alla dura legge del mercato e sceglie di dedicare la prima serata di giovedì 7 luglio al docu-film “Il cacciatore di nazisti”, piuttosto che al premio letterario più importante del Paese che è per antonomasia patria della letteratura.
Rassegnandoci con un sospiro all’orario, stappiamo una bottiglia di Strega e attendiamo le 23 insieme ai pochi veri appassionati sparsi per l’Italia disposti a stare svegli per seguire l’evento. Se la trattano come una trasmissione di nicchia – pensiamo ingenuamente – perlomeno avrà contenuti approfonditi e accattivanti per il pubblico ristretto a cui si rivolge. Invece la diretta si apre con “funny montage” di un discorso di Mattarella in cui il Presidente della Repubblica sembra dichiarare parole mai dette: “L’europa e l’intera comunità nazionale possono fare a meno della cultura. Non è vero che la lettura è una risorsa indispensabile.” e così via.
Geppi Cucciari tra critiche ed elogi
I venticinque lettori rimasti a guardare la diretta vengono così introdotti al “leitmotiv” della trasmissione: l’autoironia. Il Premio Strega, forse ispirato dai poeti crepuscolari, presenta 70 minuti di variazioni sul tema “questa premiazione non interessa a nessuno”. Dirige l’orchestra la comica Geppi Cucciari, ironizzando con frasi come “La tensione si taglia con un coltello”, “Siamo tutti curiosi di conoscere il vincitore” pronunciate con un sarcasmo che provoca solo imbarazzo e “cringe” per quelli a cui il Premio Strega interessa davvero.
Vana imitatrice della performance di Ricky Gervasis ai Golden Globes Awards del 2020, Geppi Cucciari dà il meglio di sé e incalza scrittori e pubblico con provocazioni e rimproveri. Come biasimarla? Questo è da sempre lo stile della comica sarda. Affidare a lei la conduzione del Premio Strega è già una scelta decisa verso un certo tipo di intrattenimento, tagliente e spesso sfacciato. Resta da chiedersi se questa sia l’impronta più adatta da dare a un evento come questo.
Secondo Vanity Fair la risposta è sì: Geppi Cucciari con la sua comicità avrebbe destrutturato dall’interno il mondo dell’editoria italiana, che da tempo fatica ad apparire accattivante al grande pubblico. Eppure non fatichiamo a trovare nomi che avrebbero potuto condurre la serata in modo altrettanto efficace e con un pizzico di educazione e di eleganza in più.
Qualche esempio? Lodo Guenzi, della band “Lo Stato Sociale”, che ha saputo alternare simpatia e classe durante la co-conduzione del Premio Campiello 2021. Giorgio Zanchi, già conduttore su Rai3 di “Quante Storie”, che pur senza battute di spirito avrebbe conferito al Premio Strega una veste autorevole, di cui si è tanto sentita la mancanza. E perché non rivolgersi anche a qualcuno di quegli influencer che sui social raccolgono migliaia di views parlando di letteratura e accattivando davvero le giovani menti? Certo, questa è un’idea provocatoria e irrealizzabile, ma sarebbe poi così assurdo immaginarsi Marta Perego o Marco Cantoni a presentare libri e autori che entusiasmano da sempre loro e il loro pubblico?
Per lo meno c’è della consapevolezza nell’autoironia di Geppi Cucciari, che subito dichiara di non essere né un’intellettuale né un’artista (citando Bukowski), e che rivolge un saluto ai “4 spettatori del pubblico estivo di Rai3” (con una stima ben più pessimista dei nostri venticinque lettori di manzoniana memoria).
Un pubblico che fa acqua da tutte le parti
Certo, un altro motivo per cui non si può biasimare più di tanto l’atteggiamento insofferente di Geppi Cucciari è il pubblico presente al Museo Etrusco di Villa Giulia, dove si è tenuta la premiazione. Forse prendendo un po’ troppo alla lettera l’autoironia crepuscolare dello Strega, molti dei presenti si sono comportati come se si trattasse di un aperitivo tra amici, senza badare al fatto che sul palcoscenico ci fossero – che sò? – gli scrittori più importanti del momento. Dalle incitazioni da stadio per Emanuele Trevi, alle richieste di applauso ignorate, fino alle incursioni nell’inquadratura di Paolo Repetti come i disturbatori nei servizi del TG, è difficile per un conduttore non farsi scappare qualche tagliente parola di rimprovero.
No comment sull’Amministratore Delegato Rai Carlo Fuortes richiamato all’attenzione con 10 secondi di grida da parte della Cucciari. Perlomeno ne è seguita una battuta divertente: “Stai andando Fuortes, apri tutte le puortes.”
All’inizio della trasmissione, spiazzati dalla pioggia (e ancor di più dal fatto che l’evento non abbia previsto uno spazio al chiuso in caso di maltempo), gli spettatori si spostano per mezz’ora sotto il porticato di Villa Giulia. Tornano poi al loro posto con un trambusto da scolaresca durante l’intervista di Alessandra Carati.
Certo, anche il pubblico ha un’attenuante: a rendere la serata macchinosa e imbarazzante non potevano mancare un susseguirsi infinito di problemi tecnici. I presenti sembravano non riuscire a sentire le parole pronunciate al microfono e il collegamento in videochiamata con Veronica Galletta (forte di 2 anni di videoconferenze in pandemia) si è svolto con ben 5 secondi di ritardo e l’audio dell’autrice trasmesso solo in streaming per il pubblico a casa, e non udito nemmeno dalla conduttrice.
A chi interessa il Premio Strega?
È un vero peccato che, accanto a molte personalità chiamate a presenziare a scopo puramente simbolico, mancassero tra il pubblico tutti quei giovani realmente interessati ai libri premiati. È tragicomico, poi, vedere come a queste persone non sia concesso nemmeno un minuto sulla scena, mentre tra un libro e l’altro vengono mandati in onda i servizi di “Non Giudicare un libro dalla copertina”, brevi intermezzi dove gente comune esprime un giudizio sui sette finalisti basandosi solamente sulla copertina.
Un format questo che conservava un briciolo di senso durante l’edizione del Premio Strega 2021, quando erano stati scelti come protagonisti dei bambini delle scuole elementari a dare pareri candidi e inesperti sulle opere in gara. Quest’anno, invece, la scelta è ricaduta sui bagnanti di Cesenatico. Eccezion fatta per Federico Lucchi (che dichiara di leggere 50-60 libri all’anno e dunque qui merita una menzione d’onore), la maggior parte degli intervistati afferma di leggere poco o pochissimo e c’è anche chi non ha mai letto un libro in vita propria.
Per carità, questo “sketch” ha il suo perché e riesce a volte a strappare un sorriso, ma ripeterlo per ogni libro diventa tedioso e fastidioso. Certo, avrebbe funzionato meglio per una trasmissione pop in prima serata. Sia chiaro, infatti, che l’ironia non è da disdegnare in toto: anzi, soprattutto nel mondo della cultura, soprattutto quando questa cultura è fatta per i giovani, la risata è un potentissimo mezzo di comunicazione che può adunare le masse. L’importante però è evitare che il ridicolo diventi la cifra stilistica di un evento che dovrebbe rappresentare una realtà seria e istituzionale. Perché lamentarsi che in Italia non c’è rispetto per le istituzioni, se sono le istituzioni stesse a presentarsi con autoironia?
Ma la domanda che più ci tormenta è: perché non intervistare anche persone che il libro lo hanno letto e possono dare al pubblico un parere sincero a proposito di esso? Perché non rivolgersi a tutti quei già citati “book influencer” che creano ogni giorno contenuti davanti a una telecamera e che potrebbero regalare una visione originale delle opere? Sarebbe chiedere troppo avere il parere di altri scrittori o critici letterari, in grado di dare interpretazioni competenti e preziosa? E se infine si vuole conservare un taglio pop e accattivante per tutti, perché non chiedere un parere a personalità famose della TV italiana, come attori, cantanti e conduttori (tutta gente che un ente come la Rai può raggiungere senza problemi)?
Persone che amano la letteratura in Italia esistono, soprattutto tra i giovani. Il modo in cui il Premio Strega è stato realizzato dimostra l’incapacità di rappresentare queste persone e di dare loro una voce istituzionale e rispettabile.
Un’occasione per (ri)cominciare
Proviamo ora a pensare ad un Premio Strega creato e coltivato con l’obiettivo di aprirsi al suo pubblico, sfruttando in maniera consapevole tutti i mezzi a sua disposizione. Un percorso dilatato nel tempo, in cui i candidati entrano nelle scuole e nelle università, dialogano e dibattono con migliaia di giovani menti che, così facendo, si possono identificare come parte attiva, appassionandosi a quella che è una preziosissima occasione per il mondo editoriale e il panorama letterario italiano.
Immaginiamo una premiazione a cui viene restituita la sua dignità e in cui, accanto alle grandi personalità dell’editoria e della narrativa italiana, siedono questi stessi giovani appassionati, capaci forse più di altri di apprezzare l’onore di un simile invito.
Ci piace pensare che questa non sia un utopia, e che un’occasione sprecata come quella di quest’anno possa tramutarsi nella chiave di una profonda presa di consapevolezza, atta a rinnovare una secolare tradizione che, altrimenti, è destinata a scivolare nell’oblio insieme al resto della cultura italiana.