Clara Danubio – Tre componimenti
Seguendo come da sempre ci hanno raccontato la storia della letteratura, abbiamo imparato a dividere sostanzialmente e formalmente la poesia dalla prosa: una rigorosamente in versi e di argomento spesso personale, l’altra esclusivamente in forma contigua, che non sottostà a norme metriche e che tradizionalmente trascura la musicalità per favorire il senso. Sappiamo che questa rigidità è stata più volte messa in discussione a partire da Charles Baudelaire nel famoso Spleen di Parigi, pubblicato nel 1864 inizialmente con il titolo Piccoli poemi in prosa scelto dall’editore del “Le Figaro”. Ma è soprattutto nel secolo scorso che possiamo osservare un prevalente rifiuto delle norme metriche a favore del verso libero, sintomatico di un movimento di emancipazione dalla forma, e la comparsa di diverse opere che ibridano la poesia con la prosa. L’assunto più importante della lezione del 900, dove i confini fra forme e generi letterari sfumano diventando sempre più labili, è l’abbandono della tradizionale impostazione categorizzante della letteratura. Emancipandosi da questa visione si può leggere pienamente la poesia in prosa di Clara Danubio.
La presentazione testuale e formale suddivisa in “capitoli”, che appaiono come due momenti differenti legati dal medesimo titolo, insieme all’adozione dell’aspetto contiguo della prosa possono trarre facilmente in inganno, ma una volta che si scorre nella lettura, oltre ad avvertire la presenza di passaggi prevalentemente narrativi con una funzione di ripresa del racconto che rappresenta un po’ l’intelaiatura profonda del testo, ad essere specialmente risaltata è la poesia, attraverso il suo tipico linguaggio immaginifico ed evocativo adoperato non solo in ambito descrittivo ma soprattutto lirico, siccome la poetessa è protagonista e narratrice. L’autrice racconta partendo da immagini di paesaggi e cambiamenti naturali, per poi introdurre la tematica personale dei sogni accostabili ad una gabbia di perdizione, fino a riconoscere l’origine del turbamento nella propria vocazione letteraria e spirituale, allargando la riflessione a tutti i poeti, intesi come poeti nell’anima, vittime della loro stessa condizione che li rende pretenziosi ed utopisti. Da queste premesse nasce il sodalizio tra l’autrice e l’espressione poetica, vero soggetto dei componimenti che emerge palesemente nell’ultimo racconto poetico Il mondo intero dove ella è prigioniera e pellegrina di questa devozione, ma anche nelle battute finali del primo capitolo di Dilemma d’autunno dove emergono la premura e la dedizione che caratterizzano questo rapporto non solo sul piano letterario ma soprattutto spirituale.
È proprio la natura di questo legame ad essere esplorata e presentata nella poesia in prosa di Clara Danubio la quale, sebbene non manca di sottolinearne le difficoltà, ne rivela anche la possibilità di affrancarsi dall’aggravio delle catene e dalle angosce che questa condizione comporta, per sfociare in un movimento panico di liberazione dove si perdono i connotati fisici, rappresentato da uragano indefinibile ed informe, impossibile da limitare ed incasellare così come l’incontro tra poesia e prosa.
Dilemma d’autunno
I
La finestra involava l’autunno. Annunciava miracoli di lava, fiori d’arancio con cui adornare i capelli unti di malinconia. Il letto era l’amaca, le coperte il mare, da cui raccoglievo i sogni arenati a fine estate. Cercavo di approdarvi ancora afferrarli annegavo senza neanche appartenervi. Sogni scardinati dal guinzaglio delle stagioni inclementi.
Guardo la luna che inizia a imprecare contro le foglie inermi sull’asfalto, non più miraggio plastico sotto il sole, ma antracite che balugina sotto rotoli d’acqua piovana. Si reincorporano i sogni accantonati, di cui le clessidre d’agosto erano state svuotate. Se poi siamo poeti – e non perché scriviamo, intendo dire: poeti nell’anima – ne avremo a dismisura, di sogni, giacché siamo pretenziosi utopisti imbrattati di vino, di un canto divino. Cerchiamo riparo tra i cespugli infuocati di rose trangugiando spine.
All’improvviso una sagoma dalla finestra si precipita e m’investe d’autunno, divora le onde di queste coperte. In inferno brucerà chi non ha mai amato. Ma io di te ardo per premura e dedizione. Non so perché nessuno osi parlare delle fiamme del paradiso.
II
La città disossata assomiglia a uno spicchio di luna, sorride di sbieco. La sabbia mi ha macchiato le dita, mi ha reso più instabile, mutato le membra, scandito i ricordi a ritmo di passi nei sentieri ombrosi, dove la luna si aggancia all’epidermide come una mannaia. Ha dissanguato la ghiaia della solitudine, la gabbia della perdizione. Scucio l’aggravio delle catene, sguscio dai viali di terra battuta, il fiato ancora claudicante si fa strada tra gli alberi. Non fanno ombra, ma baluginano sulle croste del corpo aduste. Non riconosco più, non discerno ginocchia dalle caviglie, perché siamo uragani. Siamo grovigli, grumi aspri e muti d’essenza, con cui ti impiastricci le dita e fai cenno di non fiatare. Per poter invocare il silenzio, bisogna prima imparare a tacere.
*
Il mondo intero
Bagliori sulla costa bruna, brulla è la campagna tutto intorno. Le anse si susseguono, come dune in un deserto – il tuo corpo è il mio tempio. Il vuoto accoglie acque saline, il pieno chiama piogge con la voce di chi mendica. Cospargo le mie mani dell’incenso che ha consumato ogni mia attesa. Entro nelle grotte, dove l’eco della voce tua nascosta non è più anacoreta. Io, prigioniera di questa devozione, sono pellegrina della tua estensione – la tua mente è miracolo. La tua anima è per me il mondo intero. Ed io sono solo respiro affannato, affamato, che incespica sulla costa bruna – verde è la campagna tutto intorno a noi.
L’autrice
Clara Danubio nasce nel 1996 a Torino, dove vive tuttora. Si laurea in Lingue Straniere per la Comunicazione Internazionale con una tesi dal titolo Il linguaggio poetico di Ingeborg Bachmann: una proposta di traduzione intraletteraria. Nel 2020 vince il Premio Internazionale di Poesia Inedita “Besio 1860” per la categoria under 25 e il Concorso di Poesia “Psyche en versos” indetto dalla Facoltà di Psicologia dell’Università di Siviglia, dove trascorre il suo secondo periodo di mobilità Erasmus. Il suo testo rientra nell’opera collettiva Relatos y Poemas para Tiempos inciertos: “II Concurso Narrativa y Psicología” y “I Concurso de Poesía Psyche en versos”, in fase di pubblicazione con la Editorial Universidad de Sevilla. Sue poesie sono apparse sulle riviste online “Intermezzo”, “Radura Poetica” e sul blog di TAUT Editori “Doppia Esposizione”. Il suo primo romanzo, invece, è ancora nel cassetto.