“CENTOMILIONI” di Marta Cai – PREMIO CAMPIELLO 2023
Marta Cai, scrittrice piemontese, classe 1980, si classifica tra i finalisti del Premio Campiello con “Centomilioni” (Einaudi, 2023), romanzo d’esordio del quale è protagonista Teresa, “zitellona di provincia” apparentemente banale e noiosa, ma pronta a rivelarsi dotata di una complessità e di una capacità di introspezione tali da catturare il lettore sin dalle prime pagine.
Teresa è una donna di 47 anni e vive ancora con i genitori, una madre assillante ed egocentrica, e un padre che, per via dell’Alzheimer, ormai da tempo è più un bambino da accudire, che una figura genitoriale a cui potersi affidare. Evadere non è possibile, nemmeno durante le ore di lavoro, perché la famiglia la segue anche nella scuola privata dove insegna inglese, diretta dalla cugina. Trasferirsi? Impossibile. Teresa vive in un’anonima cittadina del nord Italia, piantata in un’anonima pianura dalla quale sembra impossibile andare via e che, in un gioco di specchi ben costruito, diventa la rappresentazione fisica e tangibile del piattume generale della sua vita. Se la fuga fisica non è un’opzione, quella mentale sì, così un diario segreto diventa il mezzo attraverso il quale la protagonista sfoga tutta la propria rabbia e frustrazione per il fatto di sentirsi “zitellona di provincia” che in questi 47 anni non ha vissuto affatto, una “vergine della vita”, e, ancora peggio, una “vergine d’amore”. Priva di qualsiasi filtro, questa antieroina moderna rivela una capacità di introspezione tutt’altro che banale, lasciando che i suoi pensieri si facciano materia e che il mondo esterno la invada, riconoscendosi negli oggetti che la circondano, come quando, durante l’inderogabile giro settimanale al mercato, si riconosce in una sogliola: senza espressione, fredda, e piatta, proprio come lei.
In “Centomilioni” Teresa è come un’adolescente, senza esperienza, alle prime armi, propensa a farsi prendere da colpi di testa e a seguire i propri impulsi, proprio come accade quando si innamora di Alessandro, un giovane ex alunno che rincontra in un parcheggio e che, inaspettatamente, le lascia il suo numero. Teresa si fa prendere da una passione e da un desiderio che non aveva mai conosciuto e di cui non sapeva di aver bisogno: le pagine del diario sono il luogo deputato ad accogliere le infinite professioni d’amore che fa ad Alessandro, le centinaia di volte in cui scrive il suo nome, quasi fosse una preghiera e, allo stesso tempo, qualcosa proibito che, solo a pronunciarne il nome, fa correre un brivido lungo la schiena, risvegliando Teresa dai 47 anni in cui ha dormito e se ne è stata da parte (“La Tere” è il suo soprannome, “latere” in latino significa “a lato” ,“a parte”; il gioco di parole è voluto).
Mi piace sussurrare il suo nome. Mi piace dirlo sottovoce prima di addormentarmi, mi ci riempio la bocca, scandisco bene tutte le sillabe, faccio scivolare lentamente la lingua sui denti, sibilo come una gatta, spalanco le labbra, le arriccio e alla fine gli mando un bacio […] Alessandro, Alessandro, io ti amo.
Marta Cai “Centomilioni”, Torino, Einaudi, 2023, p.27.
L’amore di cui ama Teresa è tutto meno che infantile, adolescenziale: è un amore pieno di passione e di erotismo, così fisico che la Cai decide di parlarne servendosi di metafore gastronomiche che rasentano la pornografia culinaria, sempre che ne esista una.
“Prima di tutto si saggia con la punta della forchetta la consistenza della carne che avvolge l’osso: è tenera. La si taglia. La si porta alla bocca, la si mastica. Se ne parla, la si commenta. Colano minuscoli rivoli di unto ai lati delle labbra, si usano i tovaglioli, si lascia un semicerchio sul bicchiere. Terminata l’opera di scarnificazione le bocche si spalancano con i sorrisi dell’infanzia, dei pacchetti scartati sotto l’albero. L’attesa è finita, evviva la vita. Prima il dovere della carne poi il piacere del midollo, prima il dovere dei visceri poi il piacere della sostanza. Sostanza marrone, ciò da cui tutto ha origine, ciò in cui tutto termina.
Marta Cai “Centomilioni”, Torino, Einaudi, 2023, p.73.
A unire i due, però è l’estrema solitudine di cui soffrono: Alessandro è solo fisicamente, costantemente alla ricerca di soldi e di cibo; Teresa è sola psicologicamente, ma vorrebbe esserlo fisicamente, nauseata dalla costante presenza della madre e dei famigliari. Il dramma umano domina la vicenda che li vede protagonisti: il mondo in cui i due vivono è un mondo in cui tutto ciò che riguarda i sentimenti è poco gestibile, così i mezzi per quantificare l’amore e stringere rapporti con l’altro diventano i soldi -i famosi “Centomilioni” di lire che Teresa ha da parte e che non vengono mai toccati, non crescono né aumentano, rimangono lì, fermi- e il cibo, che manca ad Alessandro e nausea lei.
In “Centomilioni”, la visione della Cai non è nichilista come sembra, perché, per quanto irraggiungibile, Alessandro rappresenta l’occasione di cui la protagonista non sapeva di avere bisogno: dopo essere a malapena esistita per 47 anni, Teresa si scopre capace di amare. Il fatto che sia innamorata di Alessandro è marginale, perché ciò che conta è che Teresa provi qualcosa, che ami, che sia viva. L’unico scopo dell’amore, nel libro della Cai, è l’autoaffermazione dell’individuo: Teresa sente che il sentimento che prova è del tutto irrazionale, del tutto incontrollabile, così decide di sposare questa frenesia mai conosciuta prima e di farsi travolgere da essa, paga del semplice sentirsi viva e di aver abbandonato il bozzolo in cui era stata chiusa per troppo tempo. Amare, nel caso di Teresa, è meglio di essere amati.