Cent’anni di Italo Calvino. Un bilancio e qualche curiosità
Da metà ottobre scorso fino ai primi mesi di questo 2024 non è stata poca l’attenzione prestata a una ricorrenza che conferma Calvino uno degli autori del Novecento più amati e approfonditi tanto dal panorama critico quanto dal più esteso pubblico dei lettori.
Nel florilegio di riletture della sua vicenda biografica e autoriale – dal disvelamento del carteggio privato in Lettere a Chichita: 1962-1963 a cura di Giovanna Calvino (Mondadori, 2023) alla pregevole monografia di Scarpa Calvino fa la conchiglia: la costruzione di uno scrittore (Hoepli, 2023) – e di approfondimenti saggistici sulla sua opera, colpisce l’importanza data al tema di Calvino e il visuale, all’artistico extra letterario e agli elementi paratestuali – approfondiscono in particolare quest’ultima linea Luca Baranelli e Chiara Ferrero con la curatela de Il libro dei risvolti: note introduttive, quarte di copertina e altre scritture editoriali (Mondadori, 2023) -.
Guardare. Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni (Mondadori, 2023) è, infatti, il titolo del volume curato da Marco Belpoliti che raccoglie i contributi di Calvino sulle arti visive. Ed è sempre Belpoliti a cogliere l’occasione della ricorrenza per ripubblicare Idem di Giulio Paolini, già edito nella collana Einaudi letteratura, nell’aprile 1975 con la celebre introduzione di Calvino “La squadratura”, dove centrale è l’analisi del confronto tra pittura e scrittura. Ancora, Barenghi raccoglie ne Il teatro dei ventagli (Mondadori, 2023) sia i testi teatrali inediti di Calvino che i bozzetti delle scene e dei costumi realizzati da Toti Scialoja per una trasmissione televisiva per bambini commissionata – ma mai realizzata – dalla Rai tra il ’77 e il ’78.
Non solo i saggi, però, rivelano quest’attenzione al dato visivo, anzi. Mondadori ragiona una nuova veste grafica unificata per le edizioni dell’autore che in copertina renda icasticamente riconoscibile il contenuto. Anche una mostra di grande pregio, poi, si confronta con l’immaginario calviniano attraverso l’arte. Parlo di Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri, allestita alle Scuderie del Quirinale e conclusasi lo scorso febbraio.
Le sale hanno seguito cronologicamente la maturazione intellettuale dell’autore, attraverso la lente del suo rapporto con le immagini, da quelle del cinema degli anni dal Trentasei alla guerra – che consuma avidamente – a quelle che egli stesso disegna, come vignette umoristiche, per il “Bertoldo” (dove si firmava con lo pseudonimo “Jago”, abbreviazione di Santiago, luogo di nascita). Da segnalare che questo scavo nel Calvino degli anni Quaranta ha animato anche la ricerca di Bruno Falcetto con la curatela dell’antologia Un dio sul pero. Racconti e apologhi degli anni Quaranta (Mondadori, 2023), che raccoglie cinquanta brevi racconti composti da Italo Calvino tra il 1941 e il 1949 di cui dieci sono inediti.
La mostra ha poi focalizzato l’attenzione sulle caricature, i ritratti degli amici – Carlo Levi (di cui Calvino apprezza il celebre Cristo si è fermato a Eboli) realizza nove ritratti di Calvino, uno all’anno, dal 1959 al 1965, mentre celebri sono le tavole dedicategli da Tullio Pericoli -, gli incontri con illustratori d’eccezione come Luzzati o Steinberg e la scelta per le copertine degli artisti più stimati: tra gli altri Picasso, Klee o Escher.
Il rapporto di Calvino con l’arte è biunivoco, da uno sguardo al mazzo visconteo dei tarocchi (di New York e… Bergamo!) nasce il gioco combinatorio de Il castello dei destini incrociati, ma anche in grado di contagiare altri artisti di cui la mostra espone i lavori direttamente ispirati alla sua opera, come gli acquerelli del pittore spagnolo Pedro Cano che tenta di restituire all’occhio le oniriche città invisibili. Ovviamente non è mancata, infine, una sala dedicata al rapporto con il concettuale dell’ultimo Calvino e, dunque, al lavoro di Paolini.
Dei tanti stimoli offerti si sa, rimangono impressi quelli più curiosi e inediti. Come, ad esempio, un disegnino del giovane Italo ancora studente sulla sguardia di una sua copia di Cicerone “Sulla natura degli dei”. A margine della vignetta che raffigura un cavallino che oltrepassa una staccionata rinominata “bocciatura”, questa scritta: “Il puro sangue Italo Calvino che perde le ruote ma quando la campanella suona salta la staccionata”.
Oppure colpisce una fotografia che raffigura ai blocchi di partenza, come prima di una gara di corsa, Giovanni Jervis, Luca Baranelli, Paolo Spirano e Calvino. Un momento informale tra i tanti promossi a partire dal 1960 da Giulio Einaudi nei ritiri estivi a Rhêmes-Notre-Dame in Val d’Aosta a cui partecipano dirigenti, redattori e collaboratori della nota casa editrice. “Un esame di coscienza sul lavoro dell’ultimo anno, in una sorta di seduta psicanalitica di gruppo”, ricorda Ernesto Ferrero.
Fa sorridere un foglio ingiallito esposto, una pagina quadrettata in cui Calvino si cimenta in fantasiosi anagrammi del suo nome, da Avo Antillico a Catilina Volo fino a Cavillo Notai…
Infine forse non ci si aspetta che nel 1983 “Vanity Fair” nell’edizione americana, abbia pubblicato il testo L’avventura di un fotografo e messo in copertina nientemeno che un sorridente Calvino.
AA.VV., Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri, a cura di M. Barenghi, Electa, 2023.