“Alma” di Federica Manzon – Premio Campiello 2024
Trieste non viene mai nominata in Alma di Federica Manzon, libro edito da Feltrinelli (gennaio 2024) e nella cinquina finalista del Premio Campiello. Eppure, la città è l’anima inquieta di Alma, il suo luogo natale, dove, memore del ritornello paterno, ha cercato di non mettere radici, ma anche il luogo di un suo ritorno pasquale, la Pasqua ortodossa. È nella chiesa di San Spiridone – affollata da una comunità religiosa che dallo scorso febbraio 2022 sente lo squarcio della guerra che ha scoperchiato in Europa il vaso di pandora delle origini e delle appartenenze – che Alma sa di trovare Vili e con lui l’eredità del padre.
Nei giorni che precedono l’incontro riviviamo i ricordi di Alma, che si aggrappano alla geografia dei luoghi come a cercare di saturare con i colori, i sapori, i toponimi e i capricci della bora dei buchi di silenzio, quelli dei non detti delle conversazioni familiari, delle reticenze di cui si appropria la stessa narrazione in un gioco di allusioni, di ombre tremule. Sono taciute dai genitori le motivazioni del loro allontanamento dai nonni, che Alma cerca, anche al di là del giorno del compleanno in cui le sarebbe concesso di vederli, catturata dal fascino dei riti e delle raffinatezze crepuscolari della borghesia austroungarica.
Alma poi non sa cosa attiri suo padre al di là, quando non riesce a trattenersi per più di tre giorni a casa preso dalla smania di seguire il suo Maresciallo, né sa cosa faccia in seguito, dopo la morte di Tito. E con Vili? Di cosa parla durante le lunghe passeggiate il padre con quel bambino e poi ragazzo di Belgrado che ha trapiantato nella loro famiglia senza grandi spiegazioni? Anche la madre di Alma è sfuggente, tutta assorbita dalla sua Città dei matti triestina, dove Franco (anche qui, guarda caso, ellissi del cognome) sta cercando di forzare i confini, quelli tra matti e normali.
Al di qua, al di là, confini fragili, in cui Alma oscilla in cerca di comprensione.
[…] a tavola trionfa la schizofrenia linguistica: la madre di Alma parla in lingua, come il resto della nazione, perché crede che così la vita sia più facile; il padre parla lo sloveno del confine, convinto che serva ai ragazzi per integrarsi nella terra di mezzo tra la città e il Carso dove sono finiti a vivere, ma poi scivola nel serbo-croato o nel croato-serbo che parla con un accento da ungherese; Alma per ripicca risponde nel dialetto della città e Vili, che pure impara ogni nuova lingua con facilità, usa lo slang di Belgrado che solo il padre di Alma decodifica. Si passano le parole come manici bollenti di una pentola, afferrare con cautela.
Federica Manzon mette a fuoco lentamente la sua storia, fatta di corpi e cuori che si inseguono, che è il bandolo della matassa in mezzo al groviglio della Storia. Il conflitto è un chiaroscuro di cui l’autrice indaga soprattutto la dimensione emotiva, quella che costruisce i desideri di ciascuno, dalla ricerca di un’appartenenza, di un riconoscimento, semplicemente dell’esserci nella Storia, nella sua degenerazione anche distruttiva di mistificazione, di servilismo e di ipocrisia. Dove i vinti e i vincitori, le vittime e gli aggressori vivono travasi imprevisti, che sfuggono alle linee tracciate col righello, alla geografia dei confini. Chi ha la meglio? La geografia o la storia? Ma soprattutto quanto l’uomo può aggrapparsi all’una o all’altra per dare forma al suo desiderio?
Vili fa fotografie, forza la memoria in istantanee su cui il ricordo inciampa e si aggira senza possibilità di scampo. Ad Alma le fotografie parlano, sono i pezzi di un puzzle che va ricomponendo non senza tentativi mancati e inganni. Tra le pagine il lettore s’imbatte all’inizio quasi per caso in alcune fotografie della cui presenza la delicatezza della reticenza di Federica Manzon pian piano svela il senso. Sospeso e rarefatto rispetto al racconto della dissoluzione della Jugoslavia e poi della guerra balcanica, Alma non è un libro di fatti, ma un romanzo di paesaggi particolareggiati, perché vissuti con intensità dai personaggi che li abitano o attraversano, è l’oscillare della pagine e delle vite al di qua e al di là del confine triestino.
Federica Manzon, “Alma” – #PremioCampiello2024 (youtube.com)