Filosofia

Ego – Come conoscerlo e assassinarlo, attraverso Sartre e Carrère

is it me?
Is it me? – Opera di DecArt

Sartre – l’ego come oggetto nel mondo

Con ‘La trascendenza dell’ego’ il filosofo e scrittore Sartre apre le porte del Novecento indagando un nuovo e ancora inesplorato orizzonte del pensiero. Nel breve saggio egli chiarisce il significato di una parola usata spesso troppo arbitrariamente e soggettivamente, come se il suo senso dipendesse dal contesto: Ego. Lo scopo del testo è mostrare che l’ego, pur essendo un concetto astratto e quindi non osservabile concretamente, ha delle caratteristiche che permettono di considerarlo un oggetto come altri nel mondo. Infatti in opposizione alla mitologia dell’interiorità così cara alla cultura francese del tempo, Sartre inaugura una concezione di ‘Io’ che esiste fuori dalla coscienza, come un albero o una casa.

L’ego, per l’appunto, è caratterizzato da una trascendenza (per definizione: ‘esistenza non riconducibile alle determinazioni dell’esperienza‘) perché esso consiste nella totalità degli stati psichici che il soggetto sperimenta, ma non è riducibile a nessuno di questi. L’ego trascende le particolari esperienze psicologiche individuali: per questo si può intendere come oggettivo, esistente, strutturalmente uguale per tutti. Decifrare nei dettagli la concezione sartriana di “ego” richiederebbe troppe pagine, ma per affrontare la riflessione suggerita basta capire che l’ego non ha intimità propria: esso è costituito da attributi pubblici, e deve essere concepito come una cosa separata dalla nostra coscienza. Esso infatti crea stati di coscienza come odio, amore, rabbia, ugualmente accessibili da tutti (in questo consiste la trascendenza), ma essi sono esperiti in modi diversi, perché determinati dallo sguardo altrui. La componente dell’Altro è fondamentale per la formazione dell’ego: Lo sguardo dell’altro su di noi è un testimone e giudice del modo in cui appariamo quando ci esponiamo al di fuori della nostra interiorità.

A questo gioco di ruoli tra giudicante (qualsiasi persona altra da me) e giudicato (il mio ego) è dovuto il successo della citazione ‘L’inferno sono gli altri‘. Perché solo l’altro ha il potere di renderci un oggetto da sottoporre a giudizio, e il nostro ego si costruisce con la pluralità di giudizi che viene dall’esterno. La tortura è che il nostro ego, ciò che la tradizione presenta come cosa più intima e personale, è in verità in balia degli altri. E nessuno può sfuggirvi finché rimane in vita, se non eliminando lo sguardo altrui.

Carrère – La tragedia della concretezza dell’ego

‘Ha preferito sopprimere le persone di cui non sarebbe riuscito a sopportare lo sguardo’. Così si apre “L’Avversario”, romanzo di Emmanuel Carrère, uno dei più importanti scrittori francesi contemporanei. L’opera racconta la storia, ispirata a un fatto di cronaca, di un uomo che uccide moglie, figli, genitori e poi il suo stesso ego, quando, in seguito a un fallito tentativo di suicidio, rimane in vita, si potrebbe dire, “solo con la sua coscienza”. Infatti non è la coscienza a morire, perché Romand biologicamente sopravvive, ma il suo l’ego, l’immagine pubblica socialmente riconosciuta del protagonista, va in frantumi in seguito a quegli efferati omicidi e, così facendo, leva il velo di Maya che mostra a tutti la verità sull’intima identità del colpevole.

Si scopre infatti che Jean-Claude Romand da 18 anni mentiva alla famiglia, sostenendo di essere un medico, quando in realtà non aveva alcun impiego, non era nessuno. Questa triste consapevolezza tenuta segreta al mondo diventa un tormento intollerabile. E’ insostenibile il peso dello sguardo altrui, che gli si rivolge credendo di vedere la figura di un medico affermato, che gonfia il suo ego di riconoscimento, ma che finisce per schiacciarlo sotto la sua vera identità di fragile persona, sconosciuta e invisibile.

Uccidendo coloro che lo considerano medico di successo, Romand elimina la fonte che alimenta l’immagine della sua finta persona, spegne lo sguardo che sostiene l’esistenza del suo ego. Questa azione estrema avvalora ciò che afferma Sartre: l’ego è un oggetto creato dal giudizio e dalla testimonianza dello sguardo altrui e, pertanto, non ha sussistenza se si elimina quello sguardo. Quando tale condizione diventa intollerabile, Romand, sentendosi scisso internamente tra ciò che gli altri credono che sia e chi è davvero (cioè un nessuno), egli indossa i panni del diavolo e diventa l’avversario delle proprie vittime. Tenta così, tragicamente e vanamente, di spegnere l’inferno che lui stesso ha alimentato, tenta di uccidere se stesso: la migliore vittima delle proprie bugie.

Quando l’ego diventa il nostro Avversario

La storia romanzata da Carrère sembra non riguardare il lettore medio, ma a un’analisi più attenta si potrebbe notare una comunanza tra sé e il protagonista Romand, perché è comune provare il desidierio di sottrarsi dallo sguardo altrui, anche se ovviamente senza omicidi. Infatti a tutti capita prima o poi di avere voglia di cambiare città, ricominciare da zero, lasciare un partner, cambiare gruppo, non necessariamente perché siano gli altri a diventare improvvisamente antipatici o per un litigio. A volte l’altro testimonia un “vecchio ” in cui non ci si riconosce più, perché quella parte è passata, eppure io sono cambiato, mi sento diverso. Spesso si cambiano le persone che si ha intorno solo per il desiderio di essere guardati con occhi diversi, senza giudizi, senza passato, senza testimonianze, così da sentirsi attribuito un ego più adatto al presente, costruito da sguardi nuovi.

Sartre presenta l’ego come se fosse un nostro sosia che ci portiamo per mano in pubblico, in cui ci riconosciamo con fatica perché esso non è frutto della nostra coscienza, ma formato dal giudizio e dal riconoscimento altrui. Carrère ci racconta di un uomo che non si riconosce nell’ego che si ritrova, perché deriva da giudizi basati su una continua menzogna. Infatti la divisione interiore tra identità pubblica e privata lo porta a uccidere l’origine del suo ego: lo sguardo degli altri.

L’insegnamento che si può trarre dai due autori, quindi, è imparare a riconoscersi facilmente nel proprio ego, ossia essere autentici, fare in modo che gli altri ci guardino per chi siamo davvero. La strada per rendere gli occhi altrui uno specchio in cui ritroviamo la nostra identità, e non un ego gonfio e forzato, è solo una: essere autenticamente se stessi.


Credits:
DecArt per l’opera “Is it me?”
L’opera si intitola “Is it me?” ed è stata realizzata su carta con penne a inchiostro e acquerelli. Una bambina si avventura in un laboratorio abbandonato e scopre un robot incompleto, arrugginito e impolverato. Riesce ad attivare l’automa per la prima volta e questo, non avendo mai sperimentato cosa significhi esseri vivi si ritrova confuso e disorientato. Non sa cosa è, o meglio “chi” è. Così la bimba le porta uno specchio e nel vedere per la prima volta la propria immagine riflessa il robot comincia ad acquisire coscienza di sé stesso.

D.E.C., Davide Edoardo Cassano, è un giovane disegnatore e illustratore italiano nato a Torino nel 1993 che vive a Marsciano in provincia di Perugia. La sua formazione artistica è da autodidatta. Laureato in ingegneria civile nel 2016, presto capisce che non è la sua strada e si iscrive alla Scuola Internazionale di Comics a Firenze per approfondire la tecnica del disegno e per imparare il meraviglioso linguaggio del fumetto. I suoi disegni onirici e surreali sono creazioni spontanee della sua immaginazione. Ogni opera nasconde un messaggio, cela una particolare situazione emotiva o esistenziale, codifica significati che spesso sono sconosciuti all’autore stesso.
Quando D.E.C. produce un nuovo disegno è come se ritrovasse un piccolo pezzo di un grande puzzle, che va ad aggiungersi agli altri, che all’inizio sono sparsi e disordinati, ma col tempo sembrano acquisire una loro logica e un loro ordine, tanto da poterli mettere insieme ed assemblare a formare un’immagine ben precisa. Il disegno per lui non è una passione, ma una vera e propria esigenza.

abstract

Carrére è uno scrittore contemporaneo che si inserisce tra i più emergenti della letteratura francese, e un giorno legge una notizia sul giornale del 1993 che ispira l’opera de ‘L’avversario’. Distinguendosi da molti colleghi, il libro narra la vicenda tragica realmente avvenuta di un uomo, Jean-Claude Romand, condannato a vita per l’omicidio della sua famiglia e il tentativo di suicidio. Carrère prova a scavare nel libro, e nel carcere dove lo va a trovare, le motivazioni di un tale gesto, suggerendo forse che potrebbe essere scaturito dalla disperazione a cui porta una vita di menzogne. Romand infatti aveva fatto credere a tutti i familiari di essere un medico affermato, quando in realtà non era nulla. L’immagine che aveva dato di sé era completamente fittizia, distaccata dalla persona che nella sua coscienza intima, sapeva di essere. Riguardo al rapporto tra ego e coscienza, ci serviamo dei saggi di Sartre, che mettono in luce come l’identità umana sia divisa tra una sfera pubblica, costituita dal riconoscimento e dallo sguardo degli altri, e una sfera privata e personale. Per mostrare come sia facile una lacerazione tra esse, che porta a conseguenze inimmaginabili.

E. Carrère, L’Avversario, Adelphi, 2013

J. P. Sartre, La trascendenza dell’ego, Francia, 1936

J. P. Sartre, Essere e Nulla, Francia, 1943

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Anna Rivoltella

Redattrice di filosofia